Firenze, picchia e violenta la cognata e poi la tiene segregata nel pollaio
Firenze Per un mese l’ha tenuta rinchiusa in un pollaio, violentandola e picchiandola. Un inferno durato diverse settimane, fino a quando la donna una 53enne toscana, ex cognata del suo aguzzino ha avuto la forza di liberarsi, camminando nei boschi fino a incontrare aiuto.
È una vicenda ai confini della realtà, quella che ha visto protagonista una donna residente nei pressi di Pontassieve, nell’hinterland fiorentino. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, oltre due mesi fa l’uomo – un toscano 55enne già noto alle forze dell’ordine per qualche precedente penale ha portato con l’inganno la sua vittima all’interno di un casolare isolato, nelle campagne della provincia di Firenze. Qui è iniziato un calvario fatto di botte, abusi e umiliazioni: ha segregato e violentato l’ex moglie del fratello per un mese spostandola tra il pollaio del casolare e una roulotte, nutrendola solo con acqua e biscotti. L’inferno è andato avanti per settimane fino a quando la 53enne è riuscita a sottrarsi alla prigionia: dopo aver camminato per sei chilometri nei boschi, ha incrociato un automobilista di passaggio al quale ha chiesto aiuto. Da lì è scattato l’allarme, sono stati attivati i soccorsi e sono partite le indagini.
Ieri mattina i carabinieri di Pontassieve, su ordine del gip di Firenze Angela Fantechi, hanno arrestato l’uomo, che già si trovava in stato di libertà vigilata: l’aguzzino è stato portato nel carcere di Sollicciano, accusato di sequestro di persona in concorso, lesioni, violenza sessuale, violenza privata, rapina e indebito utilizzo di carte di pagamento. Il concorso in reato deriva dal fatto che l’uomo, secondo i carabinieri, avrebbe approfittato della complicità di un terzo fratello per attirare la donna nella propria casa, in una zona isolata della Val di Sieve. Con l’inganno l’aveva fatta entrare in un pollaio dove l’aveva picchiava violentemente utilizzando un tubo di plastica e l’aveva legata a una branda metallica perché non scappasse. La donna, legata perché non fuggisse, veniva liberata solo un paio di volte al giorno perché si alimentasse, di solito con acqua e biscotti.
Il pregiudicato aveva architettato un piano per farla franca: durante la prigionia aveva tagliato i capelli alla donna sequestrata e l’aveva costretta a scrivere una lettera indirizzata all’ex coniuge – per informarlo che si sarebbe trasferita all’estero in modo da giustificare la sua scomparsa oltre a una delega alla compagna dell’aguzzino per utilizzare la carta di pagamento della vittima, che peraltro percepisce il reddito di cittadinanza. Il calvario si è concluso a fine settembre con la fuga della donna, che prima si è rivolta a un’amica, poi ai servizi sociali e ai carabinieri: per lei è stato subito attivato il codice rosa e la vittima è stata ospitata in una struttura protetta.
Le indagini hanno raccolto numerosi riscontri e portato all’arresto in carcere dell’uomo e all’obbligo di dimora per il fratello ritenuto complice del sequestro. Resta da definire il ruolo della compagna dell’arrestato che si sarebbe prestata a usare più volte la carta della vittima.
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