Sono i cristiani i più perseguitati nel mondo
La sinistra liberal e politicamente corretta, quella preferita dagli intellettuali e dalle élite cosmopolite e transnazionali, è sempre pronta a difendere la minoranza oppressa di turno o a intervenire in maniera ossessivamente ideologica quando si tratta di migranti o rivendicazioni lgbt.
Tace però dinanzi ai cristiani perseguitati nel mondo, il più delle volte vittime del radicalismo islamista: è un dato di fatto che, negli ultimi anni, gli attacchi contro i cristiani e la libertà religiosa siano in costante in aumento in tutto il mondo. Le notizie in questo senso sono tristemente all’ordine del giorno, anche se hanno poco eco e non indignano chi è sempre pronto a parlare di diritti umani. Pochi giorni fa, per esempio, in Burkina Faso, come riporta il Washington Post, 14 cristiani evangelici sono stati massacrati da alcuni uomini armati, probabilmente da alcuni ribelli islamisti autori di attentati contro postazioni militari.
14 cristiani morti in Burkina Faso
Secondo le autorità, gli assalitori sono fuggiti a bordo di alcune motociclette. Nessun gruppo ha ancora rivendicato la responsabilità dell’attacco, ma i combattenti legati allo Stato islamico e ad al-Qaeda hanno aumentato esponenzialmente la loro attività in Burkina Faso negli ultimi mesi, in un Paese che conta 19 milioni di persone, di cui due terzi di fede islamica e una nutrita minoranza cristiana. Se un tempo la tolleranza religiosa era riconosciuta in Burkina Faso, oggi, spiega il Washington Post, è un focolaio di terrorismo islamista, in particolar modo la travagliata regione del Sahel, a sud del deserto del Sahara. Il numero dei morti – soprattutto cristiani – è in aumento del 60% quest’anno, rispetto al bilancio di 1.112 morti nel 2018, secondo l’Africa Center for Strategic Studies di Washington. “Le persone in fuga dalla violenza denunciano attacchi ai loro villaggi da parte di estremisti che spesso reclutano forzatamente residenti maschi sotto la minaccia delle armi, uccidendo quelli che resistono”, ha detto ai giornalisti a Ginevra lo scorso mese Babar Baloch, portavoce dell’agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite.
Svezia, culla dell’estremismo islamico
In Europa, la culla dell’estremismo islamico e dell’intolleranza religiosa in alcuni quartieri è diventata – oltre alla Francia – la progressista Svezia. Come sottolinea il ricercatore svedese Peder Hyllengren dello Swedish defense college, intervistato dalla tv svedese Stv e citato da La Verità: “La Svezia è diventata un centro dell’ estremismo islamico internazionale e centinaia di residenti svedesi hanno messo in piedi una vasta rete di contatti islamisti”. Secondo lo studioso, il fenomeno sta proliferando da almeno un decennio e “il politicamente corretto aiuta il terrorismo”. Come ha ammesso nel gennaio 2018 Dan Eliasson, il capo della polizia nazionale svedese, “il numero delle no-go-area ha raggiunto un livello molto critico, sono salite da 55 a 61 in soli dodici mesi e rappresentano un attacco alla nostra società”. E la situazione è drasticamente peggiorata. Basti pensare al quartiere di Rinkeby, a Stoccolma, dove la percentuale di immigrati – perlopiù di fede islamica – arriva al 90% della popolazione, e dove le donne – come ha ben documentato un’inchiesta di Katie Hopkins – hanno paura a uscire di casa per timore di essere stuprate o aggredite.
Cristiani perseguitati: numeri in costante crescita
Un recente rapporto, citato da Forbes e prodotto dal Foreign and Commonwealth Office britannico, parla di “un fenomeno globale di comportamento discriminatorio e di attacchi fisici, alcuni purtroppo mortali, ai danni di bambini, donne e uomini cristiani, spesso nelle comunità più povere del mondo”. Nel giugno 2018, il Pew Research Center ha rilevato che nel corso del 2016 i cristiani hanno subito attacchi in 144 Paesi. In base a questo calcolo, i cristiani emergono come quelli più presi di mira. Allo stesso modo, l’Open Doors World Watch List 2019 parla di un aumento della persecuzione dei cristiani in 73 paesi (che colpisce 245 milioni di cristiani). Secondo quest’ultimo rapporto, inoltre, il il fenomeno sta peggiorando. “Cinque anni fa un solo Paese – la Corea del Nord – era classificato nella categoria “estrema” per il suo livello di persecuzione contro i cristiani” osserva. “Quest’anno, 11 paesi hanno ottenuto un punteggio sufficiente per rientrare in tale categoria”.
E anche secondo Aiuto alla Chiesa che Soffre – la Fondazione di diritto pontificio che sostiene la libertà religiosa nel mondo, prendere parte ad una messa, animare gli eventi e le attività pastorali di una comunità cristiana, esporre simboli religiosi o più semplicemente professare la propria fede diventano atti che possono mettere a repentaglio la propria libertà e perfino la propria vita in oltre 20 Paesi del mondo che ospitano 4 miliardi di persone. “Viviamo in uno stato di perenne tensione, perché nella nostra mente sappiamo che da qualche parte in qualche momento vi sarà un altro attacco. Anche se nessuno sa dove e quando” afferma il cardinale Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi, in Pakistan.
Non piacerà ai politicamente corretti e forse interesserà poco agli intellettuali, ma come spiega Forbes, occorre finalmente riconoscere che quello cristiani perseguitati è un fenomeno globale: “Ci sono molti modi in cui gli stati possono aiutare i cristiani perseguitati a livello globale, e in particolare quelle comunità sull’orlo della distruzione. Tuttavia, una risposta globale non sarà possibile senza riconoscere che le atrocità fanno parte di un fenomeno globale. Fino ad allora, la risposta sarà troppo frammentata per cambiare la vita delle persone colpite”.
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