Il dramma dei padri separati: “Noi, genitori di serie B abbandonati dalle istituzioni”
“Avevo deciso che mi sarei buttato dal quel ponte, che non sarei tornato indietro, sono salvo soltanto grazie ai carabinieri che passavano di lì per caso”. Il calvario di Michele è iniziato nel momento in cui il suo matrimonio ha cominciato a vacillare.
L’insofferenza, le liti e poi la decisione di separarsi. I due figli della coppia restano con la madre. Per Michele, originario di Foggia e trapiantato nell’hinterland bolognese, vederli è sempre più difficile.
Arriva la depressione, poi il tentativo di uccidersi e il ricovero in una struttura psichiatrica ad Imola. Ci resta due mesi, nel frattempo perde il lavoro. E così, una volta terminato il percorso di riabilitazione si ritrova in mezzo ad una strada. Deve scegliere, o l’affitto o l’assegno di mantenimento. “Alla fine mi hanno sfrattato e per nove mesi sono stato costretto a vivere in macchina, mangiavo alla Caritas – ci racconta – i miei figli continuavo a vederli un week end sì e uno no e quando mi chiedevano perché non li portavo mai a casa mia dovevo mentirgli continuamente”. Michele ora sta cercando di cambiare vita. Ha trovato una casa e avviato una piccola attività. Fa il falegname e ogni due fine settimana percorre oltre 50 chilometri in auto per andare a prendere i suoi bambini a scuola e passare un po’ di tempo con loro. “Ormai però – ci confessa – mi vedono come un estraneo, non come un papà, e questo fa veramente male”.
In Italia i genitori che si trovano nelle sue stesse condizioni sono tantissimi. Secondo l’organismo pastorale della Cei per la carità su 4 milioni di padri separati presenti nel nostro Paese 800mila sarebbero sotto la soglia di povertà. Tra loro c’è anche chi si arrende e si abbandona a gesti estremi come il suicidio. Lo scorso luglio, ad esempio, a Roma un uomo di 45 anni si è lanciato dal tredicesimo piano del palazzo delle Poste, all’Eur, perché non riusciva più a sostenere la sua “difficile situazione familiare”. “I padri separati sono uomini fatti a pezzi, sotto il profilo prima morale e poi finanziario – denuncia Anna Poli, psicologa, blogger e presidente di Ancore (Associazione Nazione Cogenitorialità Responsabile) che incontriamo a Bologna – quando si affronta un divorzio ormai gli uomini hanno soltanto da perdere, sul fronte della separazione non esistono le pari opportunità”. Genitori di “serie B”: il dramma dei padri separati italianiPubblica sul tuo sito
“La verità è che è diventato un grande business, tra avvocati, cooperative e case famiglia”, denuncia Roberto Castelli, padre separato che ha fondato Genitori Sottratti, organizzazione attiva a Bologna, che si occupa di supportare i papà in difficoltà durante e dopo le cause di divorzio. “La legge 54 del 2006 disciplina l’affido condiviso ma lascia ampia discrezionalità al giudice, che nella stragrande maggioranza dei casi decidono di collocare i bambini presso le madri, così – ci spiega – si innesca un processo di alienazione parentale che trasforma i papà in genitori di seconda classe che servono soltanto a pagare il mantenimento”. “Il padre – continua Castelli – diventa una figura di servizio che non riesce più ad avere un vero rapporto con i figli, mentre il diritto dei bambini, che dovrebbe essere garantito proprio da questa legge, sarebbe quello di poter avere entrambi i genitori”.
“La separazione spesso viene vissuta come un lutto, e vi assicuro che si muore interiormente”, ci confessa Mariano. Dopo un matrimonio naufragato, due figli da vedere a orari prestabiliti e lo stalking da parte della ex moglie, ha deciso di scendere in campo per aiutare chi ha vissuto il suo stesso dramma attraverso dei gruppi di self-help. “È un percorso molto difficile dal quale non si esce facilmente – precisa – spesso questa gente non può contare su nessun tipo di sostegno, li aiutiamo proprio perché sappiamo bene che chi viene lasciato solo alla fine soccombe”. “Le somme che devono essere versate per gli assegni di mantenimento sono cifre standard che non tengono conto del reddito dei papà, così un genitore si ritrova a dover pagare il mutuo della casa coniugale, l’affitto di una nuova casa, e a fine mese rimangono pochi spicci per vivere – spiega Anna Poli – per questo in più di un caso si finisce a dormire in macchina o in mezzo alla strada”.
“Non è possibile che all’interno di una separazione, evento che già di per sé impoverisce la famiglia, ci sia una figura che viene letteralmente annientata”, ragiona la psicologa. A contestare la prassi utilizzata dai giudici in materia di affido è anche Castelli. “Non è possibile spendere migliaia di euro in avvocati e consulenti per vedersi riconosciuta una cosa ovvia: ovvero il diritto di mantenere un rapporto con i propri figli”. “Bisogna fare qualcosa per cambiare questa situazione”, chiosa. Il precedente esecutivo aveva tentato di applicare dei correttivi alla normativa vigente con il cosiddetto ddl Pillon che, tra le altre cose, si proponeva di introdurre l’obbligo per i figli di vedere ciascun genitore non meno di 12 giorni al mese e l’eliminazione dell’assegno di mantenimento. Al suo posto il senatore leghista firmatario della proposta aveva previsto un “contributo diretto” da parte degli ex coniugi che sarebbe stato utilizzato in favore dei figli durante il tempo trascorso insieme.
Ma il disegno di legge è stato aspramente criticato da più parti. L’accusa principale è quella di mettere in difficoltà le donne, che spesso si trovano nella situazione economica o lavorativa più svantaggiata e quindi in posizione di sudditanza rispetto ai mariti. Per questo una delle prime decisioni della nuova ministra della Famiglia, Elena Bonetti, è stata quella di chiudere in un cassetto la proposta del senatore della Lega. Ma proprio dalle istituzioni questo esercito di invisibili aspetta una risposta. “Ad oggi non esiste una rete di supporto che si occupi di queste persone”, denunciano le associazioni, che chiedono allo Stato di intervenire.
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