Ecco il “nuovo” reddito di cittadinanza: via libera all’erogazione per 3.6 milioni di stranieri
Reddito di cittadinanza 2.0: si potrebbe definire così la nuova norma che “allinea” uno degli strumenti più importanti varati dal governo gialloverde al nuovo corso dell’esecutivo giallorosso.
Lo strumento rimane, il suo principio altrettanto visto che si tratta di uno dei (pochi) cavalli di battaglia rimasti al Movimento Cinque Stelle, a cambiare però è quella parte più “sensibile” alle argomentazioni dei nuovi alleati dei grillini nel nuovo governo, costituita dal Partito Democratico.
Il riferimento è al nuovo decreto, varato dal ministro del lavoro Nunzia Catalfo e controfirmato dal ministro degli Esteri, nonché leader politico del M5S, Luigi Di Maio. In esso è contenuto il sostanziale via libera all’erogazione del reddito di cittadinanza anche agli stranieri originari di paesi extra Ue.
In poche parole, il reddito di cittadinanza è ora “desalvinizzato”, pronto per soddisfare i gusti della nuova maggioranza giallorossa. Il decreto in questione infatti, varato lontano dalla luce dei riflettori, ha stabilito che i migranti residenti in Italia non dovranno presentare alcun documento rilasciato dagli Stati di origine per chiedere il reddito di cittadinanza.
In tal modo, la norma voluta dalla Lega lo scorso anno viene di fatto a cadere. Nel momento dell’approvazione del reddito di cittadinanza, il carroccio su impulso in primis dell’allora vice premier Matteo Salvini, ha chiesto l’inserimento di numerosi obblighi per i migranti residenti in Italia. Ma lo stesso Luigi Di Maio è sembrato a favore della linea della Lega, sottolineando in qualità di ministro dello sviluppo economico che “il reddito mai verrà erogato agli stranieri”.
Tra gli obblighi, quello di presentare una certificazione rilasciata dallo Stato estero sui loro redditi, patrimoni e composizione dei nuclei familiari, tradotta in lingua italiana e vidimata dalla nostra autorità consolare. Adesso, con il nuovo decreto, è stabilito che da questo obbligo sono esentati “i cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea nei quali è oggettivamente impossibile acquisire le certificazioni”.
Come sottolineato da Fausto Carioti su Libero, il principio di per sé è giusto: ci sono paesi in guerra che non hanno più nemmeno una legittima autorità statale, figurarsi se da lì possano uscire documenti amministrativi validi e certi per eventuali migranti che avrebbero diritto al reddito di cittadinanza.
Il discorso però è un altro: si è assistito, nella formulazione del decreto, ad un vero e proprio ribaltamento della norma dello scorso anno. Ossia, i migranti che non devono presentare alcun documento costituiranno adesso la normalità, chi dovrà presentarli invece sarà un’eccezione.
Ecco perché è possibile parlare di “desalvinizzazione” del reddito di cittadinanza. Nel decreto firmato da Nunzia Catalfo e Di Maio è prevista una lista di Paesi da cui è possibile presentare la documentazione richiesta nella versione originaria della norma sul reddito. Sono in totale 19 e rappresentano complessivamente poco più dell’1% dei cittadini extracomunitari presenti sul nostro territorio.
Per tutti gli altri, c’è un sostanziale via libera al reddito di cittadinanza: per 3.6 milioni di extracomunitari presenti in Italia, basterà semplicemente presentare l’Isee e compilare le relative dichiarazioni.
Sono state tre le norme principali varate dal Conte I: reddito di cittadinanza, decreti sicurezza e quota 100 per le pensioni. Solo quest’ultima sembra poter sopravvivere, seppur attaccata dai renziani, le altre due norme oramai sono preda degli “aggiustamenti” pretesi dalla nuova maggioranza giallorossa.
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