Sardine in tonaca a cantare Bella Ciao a Messa. La intonavano i partigiani che ammazzavano i preti
Non abbiamo alcun bisogno delle sardine in tonaca a cantare Bella Ciao. E’ davvero penosa la messinscena di questo Biancalani che fa il prete e non si capisce perché. La liturgia prevede canti religiosi e preghiere. E non inni e canzoni di guerra.
Ne torniamo a scrivere dopo aver letto parole importanti sull’Avvenire, che invita a non scambiare la Chiesa per la piazza. Ma la gravità dell’accaduto c’è tutta, perché questo signore non dovrebbe dire messa. Tanto è vero che grida su Facebook “Vergogna” proprio ad Avvenire (foto sopra). Biancalani non rispetta i fedeli. E costringe chi non la pensa come lui a disertare la funzione. E poco importa se la sciocchezza di Bella Ciao, in quel di Pistoia, arriva subito dopo la fine del rito. E’ una scusa infantile per mascherare un atto politico nel luogo sbagliato.
A Messa la preghiera e non Bella Ciao
Possiamo essere liberi, se credenti, di andare a messa senza essere costretti a sorbirci un comizio? Certo, c’è qualche pericoloso precedente, ma è ugualmente vergognoso e irrispettoso delle persone che in parrocchia vanno solo per pregare.
Tanto più, caro Biancalani, che di preti ammazzati da quelli che cantavano Bella Ciao ne è piena la storia, a partire proprio dalla Toscana, tristemente protagonista di episodi simili a quelli del triangolo rosso emiliano. Storie di morte all’indomani della guerra. Comunisti rossi che ammazzavano partigiani bianchi e preti. Ma lui canta Bella Ciao in spregio persino ad essi per farsi bello con pessima pubblicità.
Non è questa la nostra Chiesa, rischieremmo di dire quasi bestemmiando. Ma qualcosa deve accadere anche da quelle parti perché simili sceneggiate sono diventate insopportabili. Ci sta che il Papa e i suoi pastori predichino accoglienza per lo straniero. Anche se pure loro dovrebbero comprendere le difficoltà dell’Italia. Ma in fondo è il loro “mestiere”. Quel che suona davvero clamoroso – anche se ahinoi non più inaspettato, purtroppo – è pretendere di mischiare fede politica e religiosa (se quest’ultima c’è ancora in tizi del genere Biancalani).
I preti ammazzati dai partigiani
Dovrebbe studiare – quell’uomo in tonaca che non riusciamo a chiamare sacerdote – la storia dei preti “sacchettati”. Si prendeva, in quel dopo 1945, un sacchetto di stoffa, lo si riempiva con qualche manciata di sabbia e poi giù col micidiale manganello sul corpo della vittima. Non restavano lividi né segni sulla pelle e si ledevano gli organi interni senza uccidere subito. Così furono ammazzati i primi, don Luigi Grandetti (17 dicembre 1946), e l’anno successivo don Pietro Maraglia. Una dozzina i sacerdoti assassinati nella regione dove oggi predica strane cose Biancalani in quel dopoguerra insanguinato di allora.
Il sacrificio di quei religiosi è svillaneggiato a messa, quando la funzione termina e comincia il coro di Bella Ciao. E’ l’offesa peggiore a quegli uomini di fede, e si oltraggia anche Nostro Signore, che fu crocifisso non certo per far fare la resistenza a Biancalani.
Basta con queste vergogne, che pretendono di elevare a valore universale la faziosità che trova residenza persino in una parrocchia. Umilmente, lo chiediamo alla Chiesa di Roma. Bene la presa di distanza del vescovo locale, giusta la posizione di Avvenire, ma vogliamo sapere se domenica prossima i fedeli potranno andare a messa, magari senza essere accolti da Bandiera Rossa.