“Rep” lancia la rubrica sull’odio. Eccovi un’idea: le minacce a Salvini
A leggere Repubblica oggi c’è da provare quasi paura. Stamattina ho scoperto di abitare in un Paese malato d’odio, dove la società è “avvelenata dalla rabbia e dall’intolleranza”, sull’orlo del buio pesto, vittima di “pulsioni, sentimenti, slogan” che provano a “spingere indietro le lancette della storia”.
Un’Italia invasa dal “mondo nero del razzismo” (e te pareva), dell’antisemitismo, dei “rigurgiti fascisti e nazisti” (e te pareva di nuovo). A quanto pare, se giri per strada a Milano o Canicattì è tutto un esplodere di “violenza verbale e fisica”, se ti connetti online trovi “manganellatori della rete” e “fomentatori di rancore”. L’Apocalisse, praticamente.
In realtà è solo l’ultima iniziativa del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Si intitolerà “Piovono pietre” (per fortuna non sardine) e si occuperà ogni giorno di denunciare un episodio d’italico odio. Un “bollettino” quotidiano, di cui sinceramente non se ne sentiva la mancanza. Ma tant’è. Ognuno è libero di scriverlo e di leggerlo. L’obiettivo dichiarato è quello di avvicinarsi “il più possibile alla radice della lunga stagione del cattivismo” che, guarda caso, è “alimentato” in particolare dal “populismo sovranista” (che novità), dalla “cultura muscolare della chiusura” (ma dai), dalle “presunte diversità vissute come minaccia” e (ovviamente) dai “muri”. Un “virus sociale” (addirittura) cui Rep non trova altro antidoto che quello di raccontare ogni giorno un brutto episodio. Se non si tratta di una Commissione Segre sull’hate speech in salsa giornalistica, poco ci manca.
L’idea, per carità, è legittima. Nessuno intende far la parte dei “silenziatori seriali” o dei “minimizzatori di professione”. lo sguardo, però, non va girato solo da una parte. Perché la barbarie non è un’esclusiva populista, razzista, xenofoba e via dicendo. Ma s’alimenta pure sull’altra sponda politica. Un’intera estate ci siamo sorbiti l’allarme sul ritorno del fascismo, eppure la democrazia è ancora qui. Più o meno sana. Per capire che le nuove camicie nere non l’avrebbero abbattuta sarebbe bastato leggere la relazione annuale dei servizi segreti, secondo cui la minaccia più insidiosa sul fronte dell’estremismo interno è quella anarco-insurrezionalista. Non i nipoti del Duce.
Ci par di capire che anche i lettori di Rep potranno segnalare un fatto da inserire nella neonata rubrica. Ne approfittiamo, dunque, per regalare (è gratis) qualche idea non richiesta per le prime puntate. Se è di odio che dobbiamo parlare, allora iniziamo da qui: dalle minacce di morte subite da Matteo Salvini, dagli insulti sessisti di cui è vittima Giorgia Meloni o da quel “pezzi di m…” urlato da Vauro in diretta tv contro due esponenti di FdI. Oppure dai pezzi di Rep contro la leader della destra. Perché gli insulti son sempre insulti. Di qualsiasi colore essi siano. Nero o giallo. Populista o progressista. Perché non partire dell’assurdo proclama letto da un gruppo di manifestanti a Trieste di fronte al carcere dove è rinchiuso il killer dei due poliziotti uccisi in questura? Dare del “mercenario” a un agente non è un discorso d’odio? Si potrebbe raccontare la vicenda di Valeria, militante bolognese di Fratelli d’Italia. Nei giorni scorsi la “vecchia fascista di merda” ha trovato un biglietto di minacce sul cruscotto dell’auto. Non ha paura, ma sa che il clima in Emilia è pesante per chi non la pensa in un certo modo. Ecco, allora. Si potrebbe iniziare da qui. Dall’odio sì. Ma quello rosso.
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