Quelle Sardine “apolitiche” allevate nell’acquario del Pd

Se qualcuno ribatte, loro rispondono: «Contro di noi è partita la macchina del fango». Se qualcuno indaga sull’origine, loro replicano: «Si stanno scatenando i sovranisti».

Anche il tic è dunque quello della sinistra antica. A Milano, dove il movimento delle sardine è atteso in piazza per il primo dicembre, a preparare la manifestazione c’è una democratica «in sonno», («Sono stata tesserata anni fa»). Si chiama Debora Del Muro, agente immobiliare di 41 anni, e ha dichiarato di avere sostenuto alle Europee il candidato del Pd, Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali di Giuseppe Sala e Giuliano Pisapia. Ma per l’ex sindaco aveva fatto di più: lo slogan di successo «è tutta colpa di Pisapia». È lei ad aver parlato di «macchina del fango in azione per screditarci» anche se, nel caso delle sardine, l’unica macchina in azione sembra quella del Pd per accreditarsi. A interpretare la parte della sarda ci sono pubblicitari d’antan, fondatori di movimenti antirazzisti, europarlamentari di sinistra, consiglieri comunali del Pd, vecchi tonni dc, tutti di medesima fede politica anche perché le sardine sono adesso una Spa, un marchio registrato all’Euipo, l’ufficio europeo per la proprietà intellettuale. Ormai manca solo la capitalizzazione in borsa. Al momento il gruppo ufficiale «6000 sardine» vanta quasi cento mila iscritti. Lo segue «6000 sardine Torino» che è amministrato, tra gli altri, da Marco Faccio. È un manager pubblicitario, fondatore della Hub09 e in passato direttore creativo dell’agenzia Armando Testa. In città è noto per aver collaborato alla campagna elettorale di Piero Fassino e per duellare a colpi di post contro la sindaca del M5s, Chiara Appendino. Ma non erano sardine apartitiche? «Non si possono monitorare tutti i gruppi che stanno nascendo. Al momento, per tutelarci, abbiamo registrato solo alcuni domini. Non è online nessun sito. Il rischio è chiaramente quello di avere infiltrati, gruppi fake, ma sono certo che le sardine sapranno avere gli anticorpi» dice al Giornale Mattia Santori, il fondatore del movimento, che finora ha avuto contatti diretti solo con i gruppi dell’Emilia-Romagna e di Roma perché «sarebbe impensabile andare in ogni città». E però a Roma Santori è andato per parlare con il coordinatore delle sardine della Capitale. Si tratta di Stephen Ogongo, un giornalista originario del Kenya già fondatore di un altro movimento, «Cara Italia», nato «contro chi ordina lo sgombero dei centri che ospitano persone disperate». Insomma, si sdoppia. Altrettanto conflittuale è il caso di Firenze. Qui, a organizzare le sardine si era fatto avanti Bernard Dika. Ha 18 anni ma ha già un cv da quadro di partito: dirigente del Pd per indicazione diretta di Matteo Renzi, oggi è consigliere per i social di Eugenio Giani. Non proprio un pesce piccolo, ma addirittura il probabile candidato governatore del Pd in Toscana. A Bologna è lo stesso Santori a confermare che Elly Schlein, europarlamentare del Pd oggi passata a Possibile, è un «contatto» delle sardine così come Emily Clancy, consigliere comunale di Coalizione civica per Bologna. Ma il Pd si è messo sotto sale anche all’estero. A Bruxelles, le sardine belghe sono guidate da Giorgio Marasà. È l’assistente di Majorino, l’europarlamentare di riferimento della sardina milanese La Mura. E vale la pena spingersi verso Sud, a Palermo, altra città mobilitata dalle sardine. A tuffarsi tra di loro anche il sindaco, Leoluca Orlando, ex dc, ex tutto, uno che di pesca se ne intende: trent’anni inventò la Rete. Del Pd, consigliere comunale, è invece Luisa La Colla, amministratrice del gruppo delle sardine palermitane, gruppo che ieri ha perfino dovuto diffondere un comunicato per fermare la transumanza: «Vogliamo evitare strumentalizzazioni. Stiamo assistendo alle adesioni di diversi esponenti politici». Dal mare aperto sono già finite nell’acquario del Pd.

Tornando dove tutto ha avuto inizio, Bologna, l’ufficio stampa di Romano Prodi fa sapere che dietro le sardine «non vi è il presidente Romano Prodi, e quasi se ne rammarica».

il giornale.it

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