I dazi Usa affondano il cibo italiano: in un mese vendite crollate del 20%

I dazi a stelle e strisce affondano il made in Italy. A un mese dal varo dei dazi contro le merci Ue voluti dal presidente Donald Trump in risposta alle sovvenzioni concesse alla Airbus, e che dal 18 ottobre colpiscono anche diverse eccellenze italiane sul mercato d’Oltreoceano, dal vino ai formaggi, Coldiretti ha fatto una stima degli effetti sulle vendite del nostro agroalimentare negli Usa, in concomitanza con il via alla IV edizione della «settimana della cucina italiana nel mondo», iniziativa dell’Ice che intende promuovere cucina e prodotti fuori dai nostri confini e che, ricorda Coldiretti, «vede la rete diplomatico-consolare e degli Istituti Italiani di Cultura impegnata a proporre oltre un migliaio di eventi in tutto il mondo, a partire dagli Stati Uniti».

Ma negli Usa c’è un nuovo ostacolo che vanifica qualsiasi promozione. Perché, secondo Coldiretti, dal 18 ottobre scorso a oggi il taglio nelle vendite sul mercato statunitense provocato dai dazi ammonterebbe ad almeno il 20 per cento, un quinto in meno. E il tutto proprio in un anno nel quale, nei primi otto mesi targati 2019, l’export agroalimentare verso gli Usa principale mercato di sbocco per le nostre produzioni aveva segnato un notevole incremento, pari al +12,7 per cento, dopo un 2018 già da record con vendite del nostro agroalimentare negli Stati Uniti per un controvalore di 4.2 miliardi di euro (il 10 per cento dell’export totale verso gli Usa, che nel 2018 è stato di 42,4 miliardi di euro). Con Trump, il nostro export verso gli Usa è aumentato. Ma, fino allo scorso mese, gli unici dazi americani che colpivano prodotti italiani riguardavano acciaio e alluminio, prodotti che pesano per una quota trascurabile sul totale delle nostre esportazioni.

«Pesano» invece molto di più – circa mezzo miliardo di euro, quanto a valore per l’esportazione – i beni alimentari italiani (dal Parmigiano al Gorgonzola, dai vini ai liquori) colpiti dai dazi di Trump. E fatalmente meno premiati dalle scelte dei consumatori e dei ristoratori americani. Coldiretti fa l’esempio del dazio per due «oscar» del nostro export, Parmigiano Reggiano e Grana Padano, ora gravati da un dazio di 6 dollari al chilo contro i 2,15 dollari di prima del 18 ottobre. Il prezzo al chilo del Parmigiano per il consumatore che aumenta da 40 a 45 dollari. Così, secondo il presidente di Coldiretti Ettore Prandini, diventa «sempre più urgente l’attivazione di aiuti compensativi ai settori più duramente colpiti». Inoltre, per l’associazione di categoria, serve spingere di più la promozione del made in Italy nei Paesi terzi, e concedere sostegno agli agricoltori, già danneggiati da una perdita di un miliardo di euro nell’ultimo lustro per l’embargo russo, che ora «rischiano conclude Prandini – di subire gli effetti di una tempesta perfetta tra dazi Usa e pericolo di Brexit senza accordo».

Un duro colpo. Che vanifica le previsioni ottimistiche dei primi giorni post-dazi, come quelle del fondatore di Eataly Oscar Farinetti che alla tavola rotonda organizzata a New York da Gei (Gruppo Esponenti Italiani) aveva assicurato: «Batteremo le tariffe con la qualità dei prodotti, combatteremo la nostra battaglia su barricate fatte da grandi ruote di formaggio Parmigiano». Proprio uno dei prodotti che, secondo la Coldiretti, sta soffrendo il peso dei dazi di Trump.

il giornale.it

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