Lara Comi, spuntano le chat incriminate: “Ma mi possono indagare?”. Ecco come è stata “incastrata”
L’ex europarlamentare di Forza Italia, Lara Comi, dovrà difendersi dalle gravi accuse che pendono sulla sua testa, tra cui corruzione e truffa ai danni dell’Unione europea, nell’ambito dell’inchiesta “mensa dei poveri”. Lunedì avranno luogo gli interrogatori di garanzia ed il gip ha già chiaro il canovaccio della vicenda: “l’unico interesse, in vista della competizione elettorale europea, era come garantirsi i voti”. Emergono delle chat compromettenti, risalenti al periodo precedente all’avviso di garanzia, che ha raggiunto Lara Comi nei giorni precedenti alle elezioni europee.
Così si rivolgeva la Comi – in odore di essere intercettata – in un colloquio telefonico con Maria Teresa Bergamaschi, presidente della Camera penale di Savona: “Scarica Telegram (il social network che permette la cancellazione immediata delle chat) e non rispondere al telefono o agli sms, poi ti spiego”. Mentre nelle chat del 10 maggio, consegnate poi dalla Bergamaschi ai pm, chiedeva: “Secondo te mi possono indagare? […] comunque dirò di non aver mai preso 17k (alias 17.000 euro) e di non aver mai avuto consulenze con Afol”. A puntare il dito contro la Comi ha partecipato anche un indispettito Nino Caianiello, il peones forzista delle nomine lombarde arrestato all’inizio dell’inchiesta: “Comi era alla spasmodica ricerca di finanziamenti che potessero garantirle la rielezione”. Alla fine Comi non è riuscita a garantirsi la rielezione a Strasburgo; adesso tenterà di difendersi dalle accuse che piovono come macigni. Lunedì il primo atto.