La miopia dei talebani della censura: i centri sociali sono liberi di odiare
I pasadaran della censura non si sono indignati per l’ennesimo episodio di odio dei centri sociali. Non li ha scalfiti l’assalto degli antagonisti che, ieri sera a Bologna, sono scesi in piazza per zittire Lucia Borgonzoni, la candidata unitaria del centrodestra alle elezioni del prossimo gennaio.
Ora che l’Emilia Romagna rischia di essere effettivamente scippata alla sinistra dopo decenni di monocolore rosso tutto è permesso. Sia i big del Partito democratico, che temono irrimediabili ripercussioni sul governo giallorosso, sia i facinorosi che affollano le reti no gloabal della città temono seriamente che il vessillo della Lega possa sventolare sul palazzo della Regione. Per questo, da qui alla prossima tornata elettorale, dobbiamo aspettarci un nuovo tsunami d’odio contro Matteo Salvini & Co. Un’ondata di violenze (non solo verbali) che non turberanno i crociati della commissione contro l’odio.
Le immagini dei centri sociali a Bologna, tra strade occupate, lancio di petardi e bottiglie di vetro e scontri con le forze dell’ordine, non sono affatto nuove. Scorrono sotto gli occhi come un triste déjà vu. Negli ultimi tempi, va detto, sembrava si fossero addirittura dati una calmata. Dopo la rottura con il Movimento 5 Stelle e il collasso del primo governo guidato da Giuseppe Conte, la rete antagonista ha mollato la presa contro il Carroccio. A inizio anno, quando al Viminale veniva messo in atto il pugno duro contro l’immigrazione clandestina e il business dell’accoglienza, gli attacchi dinamitardi alle sedi della Lega e le intimidazioni contro gli uomini di Salvini erano all’ordine del giorno. Ora il clima è tornato a farsi teso come in quei giorni. A preoccupare la sinistra è, appunto, la possibilità che il centrodestra riesca a portarle via un’altra roccaforte rossa: dopo l’Umbria, ora tocca all’Emilia Romagna. I sondaggi parlano chiaro: le due coalizione possono giocarsela in un testa a testa che non ha precedenti storici. Fino a qualche anno fa, infatti, era anche solo immaginabile che un candidato del centrodestra potesse tener botta all’armata rossa. Ora gli equilibri si sono ribaltati. E, senza l’apporto dei Cinque Stelle, Stefano Bonaccini rischia adirittura di avere la peggio.
Sebbene in piazza si siano visti i soliti cliché dei centri sociali (guarda il video), in questi tempi di crociate contro l’odio ci si sarebbe aspettato qualcosa di più contro i violenti che ieri hanno provato a zittire la Borgonzoni. Nessuno di quelli che nei giorni scorsi hanno gridato all’emergenza fascismo affibiando alla destra addirittura simpatie neonaziste e antisemite, si è preoccupato dell’estremismo rosso. Questa miopia non stupisce affatto. La commissione Segre, come d’altra parte il codice proposto da Laura Boldrini tempo fa, ha come unico scopo quello di imbavagliare il nemico. Quando poi l’odio soffia da sinistra, non viene mai stigmatizzato. Anzi, passa del tutto sotto traccia. È così quando i social network vengono usati da scrittori, pensatori e politici progressisti per attaccare, infangare e insultare un esponente di segno opposto. Ed è lo stesso quando in piazza scendono gli antagonisti la cui matrice d’odio è scandita sia negli slogan brutali sia nelle azioni violente. I loro attacchi si riversano immancabilmente sugli agenti che cercano di mantenere l’ordine. Perché dunque i radical chic, che tanto si sono battuti per la commissione Segre, non si battono per mettere un freno ai centri sociali? La domanda è ovviamente retorica. Perché da sempre l’intellighenzia rossa è strettamente legata alle frange più estremiste. E da sempre le usa per picchiar duro laddove ha bisogno. Tensioni tra manifestanti e polizia nel corteo contro Salvini a Bologna
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