“Se tirano troppo la corda…”. L’ira dei dem su Renzi e Di Maio
Due mesi di vita e il governo è già in un tunnel senza uscita. I protagonismi di Matteo Renzi e Luigi Di Maio, gli scontri (violentissimi) sulla manovra economica, il braccio di ferro sulla presidenza di Giuseppe Conte e soprattutto lo scossone della scottante sconfitta alle elezioni regionali in Umbria hanno messo a nudo la maggioranza giallorossa scatenando un uno contro tutti che non solo sta lacerando l’esecutivo ma che sta logorando tutti i partiti che ne fanno parte.
E, mentre dall’Emilia Romagna arrivano sondaggi a dir poco allarmanti per la sinistra, Nicola Zingaretti ha convocato una riunione urgente con la delegazione di governo del Pd durante la quale sono emersi tutti i malumori nei confronti degli alleati.
“Dicevate che Salvini è un cretino. E invece, adesso si sta capendo tutto…”. Parlando con Repubblica dell’esperienza con il Movimento 5 Stelle al governo e la chiusura dell’alleanza che ha segnato le cronache politiche della scorsa estate, il leghista Giancarlo Giorgetti spiega molto bene il pantano in cui è andato a invischiarsi il Partito democratico scendendo a patti con i Cinque Stelle. Negli ultimi due mesi i giallorossi non hanno fatto altro che litigare su tutto. Dall’emergenza immigrazione alle misure economiche, è stato un tutto contro tutti continuo. Tra i due litiganti, poi, si è messo pure Renzi che, oltre a drenare parlamentari ai dem, li sta pure puntellando sul territorio facendogli perdere consensi ovunque. “Quel che ha fatto Matteo (Salvini, ndr) in estate si sta rivelando un investimento sul futuro. Vedrete, vedrete…”, commenta l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Che non si tira indietro dal dare un consiglio netto a Zingaretti: “Se fossi al posto di quelli del Pd, scapperei a gambe levate, me ne andrei all’opposizione”. Per ora la sete di poltrone e i timori un nuovo flop elettorale, sta tenendo incollata la maggioranza. Ma al Nazareno, come scriveva già ieri sera Alessandro De Angelis sull’Huffington Post, qualcosa sta iniziando cambiare. “Se l’andazzo è questo – avrebbe detto Paola De Micheli durante una riunione a Fincantieri – ogni giorno che passa è un voto in più a Salvini”.
All’incontro di questa mattina insieme a Zingaretti erano presenti anche il capo delegazione dem Dario Franceschini e i capigruppo di Camera e Senato Graziano Delrio e Andrea Marcucci. Sulla carta, come spiega l’agenzia Agi, l’incontro avrebbe dovuto essere l’occasione per fare il punto sulla manovra economica, ma fonti del Partito democratico hanno poi fatto trapelare che dal vertice è emersa una “forte esasperazione nei confronti degli atteggiamenti tenuti in queste ore da Renzi e Di Maio”. “Se tirano troppo la corda – è stato il ragionamento durante la riunione – questa rischia di spezzarsi…”. Il punto è che, negli ultimi giorni, il capo politico dei Cinque Stelle e il leader di Italia Viva si sono comportati come se fossero entrambi all’opposizione. Le liti sulla plastic tax, il braccio di ferro sul balzello sulle auto aziendali e, poi, il dossier Arcelor Mittal: ogni occasione è stata buona per scornarsi. E, mentre i sondaggi resigistravano flessioni continue sia per i Cinque Stelle sia per il Partito democratico, al Nazareno qualcuno ha iniziato a sventolar bandiera bianca. “Se andiamo avanti così, si va a sbattere”, hanno fatto presente in molti a Zingaretti suggerendogli, senza troppi giri di parole, di staccare la spina al Conte bis. “Se la logica è ‘ognuno fa come diavolo gli pare’ – hanno confidato all’HuffPost gli uomini di Zingaretti – facciamo capire che anche noi ci siamo stufati…”.
Per il momento, però, il governo (per quanto perennemente appeso a un filo) non sembra per nulla in bilico. Troppi interessi di bottega sembrano spingere i leader dei partiti, che siedono al tavolo con Conte, ad evitare qualsiasi crisi politica. “Se qualcuno pensa di andare a votare dopo una manovra gestita male è da Tso”, ha messo le mani avanti Roberto Speranza dopo l’ultimo Consiglio dei ministri. “Questa operazione – ha detto – ha senso se dura tre anni, altrimenti, se ci spaventiamo alla prima curva, era meglio andarci a settembre”. Intanto l’ultimo sondaggio realizzato da Ixè per la trasmissione Cartabianca inchioda il Pd al 20% e i Cinque Stelle al 17%, mentre il centrodestra sfiora il 50% dei consensi con la Lega che guida le danze oltre il 32% dei voti. Un avviso di sfratto che Zingaretti ora vuole provare a gestire al meglio per perdere meno scranni possibile.
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