Sei grillini “contiani” pronti a lasciare: il M5S è nel caos
Il voto in Umbria ha provocato un vero e proprio terremoto politico all’interno del Movimento 5 Stelle.
E la scossa è arrivata fino a Palazzo Madama.
Al Senato, secondo quanto rivela Il Messaggero, ci sarebbero già sei grillini pronti ad abbandonare la nave guidata da Luigi Di Maio, che sembra andare alla deriva visti gli ultimi risultati elettorali. Il capo politico del Movimento ieri ha incontrato i senatori in una riunione con all’ordine del giorno la modifica dello statuto del gruppo parlamentare. L’obiettivo, in realtà, è quello di operare una revisione più ampia che limiti i poteri di Di Maio a favore dell’assemblea. Il clima in cui si è svolto l’incontro, ha raccontato ai giornalisti il leader grillino, è stato “positivo”. Ma il cambio di rotta non convince almeno sei rappresentanti pronti a passare al gruppo misto o addirittura, come paventa il quotidiano di via del Tritone basandosi sulle parole dello stesso Di Maio, creare un gruppo autonomo che faccia capo al premier Giuseppe Conte.
Tra i senatori pronti a fare il grande passo ci sono Elena Fattori e Ugo Grassi, che alla riunione di ieri, infatti, non c’erano. Secondo il Messaggero per ufficializzare la decisione si starebbero aspettando però ulteriori adesioni che consentano di allargare quella che sta assumendo la forma di una vera e propria scissione anche a deputati ed europarlamentari. I numeri per realizzare una formazione autonoma, però, secondo i bene informati, non ci sarebbero. Tra i malpancisti, poi, ci sarebbero anche il senatore Dino Giarrusso e il deputato Giorgio Trizzino, che restano fedeli a Di Maio ma vorrebbero una rivoluzione interna al Movimento.
I malumori scuotono anche il gruppo parlamentare di Forza Italia al senato, dove una decina di azzurri hanno criticato la decisione del leader Silvio Berlusconi di astenersi sulla decisione di istituire la Commissione contro l’odio e la discriminazione razziale proposta dalla senatrice a vita Liliana Segre. “Mi aspetto che nel Movimento che ho fondato nessuno si permetta di avanzare dei dubbi sul nostro impegno a fianco di Israele e del popolo ebraico, contro l’antisemitismo e ogni forma di razzismo. Prese di posizione e distinguo posti in essere ai soli fini di alimentare sterili polemiche – soprattutto su un tema così delicato – favoriscono chi vorrebbe dipingerci come quello che non siamo e che ci fa addirittura orrore”, è stato il messaggio lanciato ieri dal leader azzurro ai suoi. “Le discussioni, sempre legittime, si fanno all’interno e non a colpi d’agenzia: se qualcuno vuole invece seguire strade già percorse da altri, ne ha naturalmente la libertà, ma senza danneggiare ulteriormente Forza Italia sollevando dubbi sui nostri valori e sui nostri comportamenti”, mette in chiaro Berlusconi.
L’avvertimento è rivolto a Mara Carfagna, che ieri ha visto anche Giovanni Toti. “È delusa ma non pensa ad uno strappo”, assicura però il governatore ligure e fondatore del movimento “Cambiamo”, anche lui in disaccordo con l’astensione di Forza Italia sul voto di ieri. Una fonte del Messaggero assicura che Matteo Renzi starebbe facendo la corte agli azzurri che sono in polemica con la linea dell’ex premier Berlusconi, ma per ora le avances sarebbero cadute nel vuoto. Sono i punti interrogativi sulla tenuta del movimento di Di Maio, però, ad essere decisive per un eventuale voto anticipato. Tanto che si vocifera che il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, starebbe pensando ad un election day che accorpi un possibile ritorno alle urne per le politiche con il voto in Emilia Romagna.
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