Il mistero dei suicidi in divisa: sono sei al mese
Non basta una divisa per difendersi dal «male oscuro». Anzi, a volte è proprio l’onore di indossarla a diventare un peso ormai insopportabile.
Dall’inizio dell’anno sono 58 gli agenti delle forze dell’ordine che si sono tolti la vita. Sei al mese. Una drammatica escalation che ha avuto una tragica impennata negli ultimi quattro giorni, con altrettanti suicidi. Finora sono 31 al Nord, 11 al Centro e al Sud, cinque nelle Isole. L’ultimo capitolo della Spoon river delle stellette lunedì scorso, a Palermo, con un finanziere che si è tolto la vita lanciandosi dal Policlinico, dove era in cura per problemi psichiatrici. I poliziotti sono quattro, 16 i carabinieri, dieci gli agenti di polizia penitenziaria, cinque i finanzieri e altrettanti gli agenti di polizia locale, sette i militari e un vigile del fuoco, che si è tolto la vita ad Ancona lo scorso 17 settembre. «Sono dati allarmanti anche solo sotto il profilo statistico», dice al Giornale Cleto Iafrate, un finanziere che ha creato un osservatorio per denunciare un’emergenza di cui però nessuno pare voglia occuparsi.
C’è anche un servizio gratuito (388/4415221, tutti i giorni dalle ore 7 alle ore 22) dedicato proprio ad aiutare le divise in difficoltà gestito da Assodipro (segreterianazionale@assodipro.org). Non c’è niente di più insondabile dell’animo di chi ha deciso di farla finita. Quando una vita si spezza, giù da un viadotto o con in mano la pistola d’ordinanza, chi resta prova a trovare una spiegazione: un cocktail velenoso fatto di sentimenti, depressione, senso di inadeguatezza o, più banalmente, soldi. Perché chi rischia la vita lo fa per pochi spicci. Non si può non pensare però che dietro un gesto disperato, che non ha mai una ragione pienamente rassicurante, ci sia una richiesta di aiuto rimasta inascoltata. O, peggio ancora, zittita. Per timore di disonorare così una divisa agognata e tanto faticosamente conquistata che però nel tempo è diventata una gabbia fatta di regole e omertà, in nome dell’obbedir tacendo. Già, la divisa. Troppe storiacce di malaffare l’hanno sgualcita, altri invece l’hanno infangata con abusi intollerabili, dando così munizioni ai sinistri agit-prop e a chi solletica gli animi bellicosi di black bloc e antagonisti, in cambio della speranza di un pugno di voti. Con risultati «disarmanti» che hanno complicato le regole d’ingaggio e offuscato il nobile mestiere di difendere la libertà e la democrazia. E così, anche l’ultimo briciolo di prestigio è stato calpestato. E una vita «divisa» tra il dovere e il dolore non può che diventare insostenibile.
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