Di Maio teme per la sua leadership: rischia una nuova resa dei conti
Nella giornata in cui l’Umbria va al voto, gli equilibri interni al gruppo parlamentare del M5s appaiono abbastanza chiari.
Tanto da rendere scarica la pistola del capo politico Luigi Di Maio nel caso volesse far salire il governo sulle montagne russe della crisi, innescando di nuovo la bagarre con il premier Giuseppe Conte e il segretario dem Nicola Zingaretti. Così tanto da poter mettere ancora in pericolo la leadership del ministro degli Esteri se i risultati del M5s fossero più deludenti del previsto. Un deputato di certo non critico con Di Maio fotografa così le preferenze del corpaccione stellato in Parlamento: «Quel che è sicuro è che tra di noi qua nessuno ha mai criticato Conte, a differenza di quanto avviene con Di Maio». L’analisi prosegue andando a ritroso di qualche giorno, allo scontro sulla manovra tra premier e capo politico: «La maggior parte dei parlamentari non ha proprio compreso il senso di quella polemica con il Presidente del Consiglio». Di Maio può contare su un manipolo di fedelissimi nei banchi del governo (Bonafede, Fraccaro, Spadafora), ma a Montecitorio e Palazzo Madama le proporzioni nei gruppi più numerosi dell’Assemblea fanno sì che il margine di manovra dell’ex vicepremier sia molto ridotto. Ogni tentativo di riprendere a dettare l’agenda sarebbe vanificato da centinaia di eletti interessati quasi esclusivamente a mantenere la stabilità giallorossa. Tra di loro, i più vicini al premier sono i parlamentari di rito «fichiano» come Luigi Gallo, la gran parte dei candidati all’uninominale provenienti dalla «società civile», un gruppo di «moderati» capitanati dal deputato palermitano Giorgio Trizzino, considerato in ottimi rapporti con Mattarella, e tanti che in passato pendevano dalle labbra del capo e ora sono sedotti da Conte.
Anche Davide Casaleggio è interessato più al mantenimento dello status quo che non allo stato di salute della leadership di Di Maio. Sul fronte aziendale, si registrano le richieste da parte di alcuni «portavoce» di una convocazione di una sorta di assemblea plenaria per fare il punto sull’organizzazione del Movimento, alla presenza del presidente dell’Associazione Rousseau. Contestuali sono le telefonate e i messaggini al Garante Beppe Grillo, che molti in Parlamento vorrebbero riportare al centro della scena politica. A fare da sfondo, le promesse del capo in merito a una veloce discussione del nuovo assetto con gli 80 «facilitatori», da varare entro la fine dell’anno.
È in questo quadro di continua scomposizione degli schieramenti interni che si innesta l’«ansia da prestazione» per i risultati umbri. Nel M5s la soglia psicologica è scesa al 10% dei voti di lista. Ma un tonfo elettorale potrebbe essere il casus belli per aumentare la pressione su Di Maio anziché propiziare una messa in discussione dello schema dell’alleanza giallorossa. Perciò l’attenzione dei critici di tutte le sfumature è catalizzata dal risultato del partito, in una competizione per la presidenza della Regione che i più danno per già persa. Se le urne per i pentastellati saranno vuote si darà il via a una nuova puntata del congresso a bassa intensità che va avanti ormai da mesi. E forse per capire il prossimo futuro del M5s basta osservare la foto di Narni. Tra i cinque protagonisti, Di Maio è l’unico che sorride a forza, si tiene a un palmo di distanza da Conte, le mani giunte. Del domani non c’è certezza.
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