“Ma Roma non è il Far West” Bufera sulla frase di Gabrielli
«Che Roma abbia i suoi problemi credo che nessuno lo disconosca, ma arrivare a rappresentare la nostra capitale come Gotham City…».
Il capo della polizia, Franco Gabrielli, getta acqua sul fuoco delle polemiche. L’uccisione a Roma di Luca Sacchi «è un fatto gravissimo perché è morto un ragazzo di 24 anni. Un episodio che dovrebbe imporre a ognuno di noi un atteggiamento di grande riflessione e rispetto», sembra mandare a dire all’ex ministro dell’Interno. Non sarà Gotham City – come per altro aveva definito Dario Franceschini l’Italia con Salvini al governo – ma la Capitale ha al suo interno grosse sacche di insicurezza. Dove degrado umano e sociale si mischia con criminalità e con quella che secondo i dati è la vera piaga di Roma: la droga. Innesco di violenze e delitti come quelli di Desirée Mariottini a San Lorenzo, e del carabiniere Mario Cerciello Rega a Prati, per mano dei due americani in cerca di stupefacenti. «Il modello Roma è fallito: c’è un problema di sicurezza nella Capitale e anche altrove. La sparatoria di Roma è terribile, come drammatico è il problema della droga. Il nostro modello di sicurezza è diverso: dobbiamo tornare al poliziotto di quartiere e all’impiego dell’esercito per contrastare le emergenze. Dobbiamo fare in modo che lo Stato riprenda il controllo del territorio», ha detto il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi da Todi, in Umbria. «C’è stato un degrado della sicurezza in Italia – ha proseguito – che ha avuto come prima causa l’afflusso di immigrati che per mantenersi e mangiare hanno dovuto anche in certi casi delinquere. E poi si è accresciuta anche la delinquenza nazionale, a seguito dell’aumento dello spaccio di droga».
Lo spaccio a cielo aperto si ramifica lungo le piazze della Capitale, da Tor Bella Monaca a San Basilio (da dove provengono i due fermati per l’omicidio di Sacchi), dalla Romanina alle zone semicentrali del Pigneto e a San Lorenzo. Lo smercio arriva anche a Trastevere, Testaccio, Tor Sapienza, Ponte di Nona e al Tufello. Piazze che, si legge nella relazione 2019 della Procura generale della corte di Appello, sono «in grado di riprodursi rapidamente anche a fronte di decise azioni di contrasto, sono diffuse in tutta l’area e si adattano alle esigenze di diversi tipi di clientela, secondo stringenti logiche di mercato». Roma conta dunque «la solida presenza di una vera e propria economia parallela, estremamente lucrosa e inquinante». Un mercato diffuso in tutto il Lazio, e che è in mano a una trentina di clan e famiglie criminali che gestiscono un fiume di stupefacenti: nel 2018 sono stati sequestrati in città oltre 4.200 chili di droga, di cui 2.004 di hashish, 1.813 di marijuana, 378 di cocaina e 53 di eroina. A metà settembre un’operazione della Squadra Mobile di Roma, in collaborazione con la Dda, ha colpito alcuni grandi acquirenti di droga che rifornivano le piazze di spaccio: ne è emerso che i grandi quantitativi di cocaina arrivavano dalla Colombia attraverso i cartelli della droga, mentre lo smercio lungo tutto il litorale laziale fino ad Acilia e all’Infernetto era affidato a un uomo collegato alla camorra napoletana.
Il sindaco, Virginia Raggi, non accetta la narrazione di una città preda di criminalità: è vergognoso, scrive su Facebook in risposta agli attacchi sulla sicurezza, «vedere che si specula su una morte. La vergogna è anche quella di doversi trovare costretti a rispondere e scrivere queste righe per dire che Roma non è il far west e i cittadini romani non sono dei banditi. Le istituzioni, tutte e senza distinzioni di colore politico, si sono impegnate per rendere Roma più sicura. La polizia, i carabinieri, i vigili urbani, la procura ce la stanno mettendo tutta da anni. E a loro va detto grazie perché con il loro lavoro si registrano miglioramenti nei dati sulla lotta alla criminalità a Roma. Mettiamo da parte ogni polemica, uniamoci di fronte alla morte di un giovane. Lasciamo lavorare – conclude – gli inquirenti. È il momento del silenzio e della riflessione».
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