La tentazione dem: al voto dopo la manovra
Si allarga il fronte pro voto nel Pd. La tentazione cresce: staccare la spina al Conte bis, dopo il via libera alla manovra, per neutralizzare (e sbarazzarsi) di Matteo Renzi e Luigi Di Maio.
Un piano che avrebbe incassato anche la benedizione del premier Giuseppe Conte. E che spiegherebbe il retroscena, filtrato dal Nazareno, di andare al voto in coalizione con i 5 stelle con Conte candidato premier.
La fronda pro voto nel Pd raccoglie adesioni di ora in ora. Complici ultimatum e attacchi che arrivano sia dalla Leopolda, dove si è riunito il nuovo movimento politico (Italia viva) di Renzi, che dal fronte grillino vicino al ministro degli Esteri Di Maio. Il rischio che si vive al Nazareno è di essere schiacciati, logorati, dallo scontro Di Maio-Renzi. E anche il ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, primo sostenitore del governo Conte bis, ha minacciato la rottura. Andrea Orlando, vicesegretario dei dem, da giorni chiede al segretario del Pd Nicola Zingaretti di valutare l’opzione di concludere l’esperienza del Conte bis, dopo il via libera alla manovra. La posizione dell’ex ministro della Giustizia è condivisa da altri due esponenti dem: Maurizio Martina e Matteo Orfini. Il ragionamento di Orlando è molto chiaro: in caso di voto anticipato, Renzi eleggerebbe una decina di parlamentari. Ma soprattutto sarebbe costretto ad elemosinare l’alleanza con il Pd. Una mossa che ridurrebbe di molto la forza del rottamatore. Zingaretti riflette. E medita sulla strada da imboccare. Anche perché Goffredo Bettini, vero spin doctor del segretario, suggerisce un’altra strada: le elezioni anticipate devono essere una minaccia per contenere l’arroganza di Renzi e Di Maio. Per Bettini – andare al voto subito non avrebbe senso. Soprattutto perché Pd e 5 stelle devono consolidare (e sperimentare) alle regionali l’alleanza politica. Dalla Leopolda, Renzi fiuta il piano degli ex colleghi del Pd e confida i timori: «Credo che siano Zingaretti e Conte a voler staccare la spina ma chi vuole far finire la legislatura prima di eleggere un presidente della Repubblica europeista e antisovranista si assume una grande responsabilità». L’ex premier dà l’idea di voler blindare la legislatura almeno fino al 2022 quando si eleggerà il nuovo inquilino del Colle. «Non vogliamo staccare la spina a nessuno, il treno della legislatura arriva al 2023. Non vogliamo staccare la spina, vogliamo attaccare la corrente… anzi, le correnti», dice il leader di Iv. «Questa legislatura eleggerà il presidente della Repubblica, il cui mandato scade a gennaio 2022. Il ruolo del Quirinale è un ruolo chiave. Se rimane questa legislatura in vita il presidente che ci accompagnerà fino al 2029 sarà espressione di forze politiche che credono nell’Europa, non mettono in discussione l’euro, non affollano le piazze circondati da Casapound, che mette in discussione valori costituzionali e la memoria condivisa. Non è nella disponibilità del premier, che peraltro non è un parlamentare, e di altri leader politici, anche loro non eletti in Parlamento -, che questa legislatura abbia il dovere di proporre una maggioranza europeista e antisovranista per l’elezione del nuovo capo dello Stato», spiega l’ex capo dei dem. Legislatura blindata anche da Ettore Rosato: «Quando si presenterà Iv alle elezioni? Sicuramente nel 2023». Parole che non rassicurano né Conte né Zingaretti. Nessuno si fida di Renzi. Prevenire (voto anticipato), dunque, è meglio che curare.
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