Perché Giovanni Tria non è stato cacciato. Retroscena horror: quello che non ci dicono
Blindato, blindatissimo. Né Lega né M5s si fidano del ministro dell’Economia Giovanni Tria, un tecnico che fa asse con il Quirinale e con il premier Giuseppe Conte, non parla con Luigi Di Maio né con Matteo Salvini (ma solo con Giancarlo Giorgetti) e, forse, occhieggia troppo a Bce, Mario Draghi e Bruxelles. Eppure, proprio nel momento in cui la sua testa stava per saltare sulle nomine della Cassa Depositi e Prestiti, i due alleati (soprattutto Salvini) hanno fatto di tutto per blindarlo, trovando una non facile mediazione. Questo perché sia Salvini sia Di Maio sanno che se salta Tria, in questo momento, di fatto salta il governo. Addio flat tax, addio reddito di cittadinanza e addio credibilità, alla vigilia di una finanziaria lacrime e sangue di cui comunque Lega e M5s si sarebbero dovute fare carico a fronte di un prevedibilissimo assalto speculativo all’Italia e turbolenze inimmaginabili sul fronte euro e spread.
Per questo il tecnico Tria, tenace e prudente, è ancora al suo posto. Sarà lui al timone della barca che tra fine estate e autunno, come ricorda il Giornale, dovrà affrontare il mare in tempesta dei Btp, con possibili ondate di vendite pericolossissime per i nostri conti. C’è il giudizio dell’agenzia di rating Fitch a fine agosto, c’è la crescita del Pil in rallentamento. E proprio quel rischio mortale è la polizza-vita del ministro, almeno fino a dicembre.