Di Maio poliziotto fiscale torna a invocare le manette
Sono rimaste, insieme al taglio dei parlamentari, l’ultimo totem delle origini ancora in piedi.
E d’altronde le manette campeggiavano in bella evidenza sulla prima pagina del Fatto Quotidiano di venerdì scorso. Dopo il forbicione di carta mostrato davanti a Montecitorio per festeggiare la parziale approvazione del ddl «taglia poltrone», ecco che il M5s ha cominciato a tambureggiare con un altro vecchio-nuovo slogan: il carcere per gli evasori. Pene esemplari fino a 8 anni di galera. Ieri lo spot per le manette è stato interpretato dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio durante una diretta Facebook dagli Usa, dove si trova in visita insieme al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il capo politico grillino ha tenuto il punto, facendo seguito a quanto già detto dal Guardasigilli Alfonso Bonafede negli scorsi giorni: «Non esiste una legge di Bilancio che fa la lotta all’evasione fiscale senza il carcere con pene severe ai grandi evasori – ha spiegato Di Maio – per noi è imprescindibile». Annunciando che la legge di Bilancio verrà approvata dal Consiglio dei ministri entro lunedì, l’ex vicepremier ha proseguito, con un’edulcorazione dei toni nei confronti di commercianti e artigiani: «Per me va benissimo tutto nella lotta all’evasione. Una cosa non posso accettare, che lo Stato faccia il debole con i forti e il forte con i deboli». E quindi: «In Italia bisogna combattere contro la grande evasione».
Come? Aumentando la pena da sei a otto anni per chi evade. Questo c’è scritto nella nuova bozza del decreto fiscale, in merito ai reati tributari. Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia in quota Cinque Stelle, lo ha confermato davanti alla Commissione Giustizia della Camera, con parole come «inasprimento delle pene per gli evasori» e «aumento del massimo della pena da sei a otto anni».
Qualche giorno prima, a margine di Italia 5 Stelle, Bonafede ha evocato la parola magica: «Chi sbaglia paga – ha detto – e quando si parla di grandi evasori dobbiamo parlare anche di carcere. È normale che ci siano 280 condannati per evasione in tutta Italia». Sul tema, il Movimento è compatto. E le manette sono state evocate anche dal premier Giuseppe Conte, poco meno di un mese fa, alla kermesse della Cgil a Lecce: «Chi sbaglia deve pagare, siamo favorevoli anche a pene detentive per casi di grave e conclamata evasione», questo il virgolettato offerto alla platea del sindacato il 22 settembre. L’idea, da sempre nel dna pentastellato, era stata rispolverata l’anno scorso, in un emendamento, poi ritirato, al ddl anticorruzione dell’epoca gialloverde. La relatrice M5s Francesca Businarolo, presidente della Commissione Giustizia a Montecitorio, aveva presentato un testo in cui venivano aumentate da sei a otto anni le pene per i reati tributari. Proprio ciò che è contenuto nell’ultima bozza del decreto fiscale.
Mentre sul tetto al contante, pure spinto da Conte nella nuova manovra, sono cominciati i primi mugugni da parte dei parlamentari stellati, che parlano di «iniziativa solitaria» del premier.
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