Bija, continuano le polemiche: “In Italia su invito del Viminale”
Non si placano le polemiche sul caso che riguarda il trafficante Bija: dopo la scoperta di Avvenire, che denuncia nel maggio 2017 la presenza dello stesso libico in Italia in veste di rappresentante della Guardia Costiera, adesso intervengono alcuni esponenti delle Nazioni Unite e, in particolare, dell’agenzia Oim.
Quest’ultima è presente in Libia, in passato gestisce anche l’organizzazione di alcuni rimpatri volontari verso i paesi di origine dei migranti, di recente viene tirata in ballo dal ministro Luigi Di Maio quando a New York lancia l’idea di costruire dei centri d’accoglienza nel paese nordafricano. E adesso, come si legge ancora su Avvenire, l’Oim punta il dito contro il Viminale in merito all’incontro del maggio 2017 in cui Bija siede tra i delegati libici.
Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, l’iniziativa di quel vertice è tutta del ministero dell’interno italiano, all’epoca guidato dal ministro Marco Minniti. L’incontro incriminato si svolge l’11 maggio 2017 all’interno del Cara di Mineo ed ha l’intento di mostrare ai libici il modello di accoglienza italiano al fine di replicarlo in Africa.
Un’idea dunque che, secondo l’Oim, parte da Roma: “Non nascondiamo – si legge in una nota dell’agenzia – il rammarico per aver visto che questo individuo (Bija, ndr) facesse parte della delegazione ufficiale libica in un viaggio facilitato in Italia”.
“Ad Abdurahman Milad, detto Bija – prosegue la nota riportata da Avvenire – Nel caso di questa visita è stato fornito un visto dalle autorità italiane. Una scelta che indica come il suo passato criminale non era ampiamente noto al momento dal governo di Roma”.
Rammarico dunque, ma anche per l’appunto una velata accusa all’allora governo Gentiloni: così come fa notare Nello Scavo, autore del reportage per Avvenire, la nota dell’Oim sottintende che a Roma non possono non conoscere lo spessore criminale di Bija. L’uso di “ampiamente” sembra volto a lasciare solo un minimo spazio al linguaggio diplomatico all’interno della nota.
In poche parole, la ricostruzione degli eventi partendo da quelle che sono le dichiarazioni ufficiali che arrivano dalle Nazioni Unite, porta a pensare ad un Viminale che chiude un occhio su Bija e sul suo ruolo in Libia pur di iniziare a far calare le partenze per l’Italia. Che peraltro, tra quel mese di maggio ed il successivo di giugno, subiscono una forte impennata visto che si arriva a sfiorare quota 25.000 migranti approdati lungo le nostre coste.
Quando il trafficante, tanto potente da diventare anche punto di riferimento a Zawiya (sua città di origine) per il governo di Tripoli, arriva in Italia con tanto di visto la sua fama è ben nota: pochi mesi prima, ad esempio, sul The Times appare un video dove Bija, riconoscibile per una menomazione alla mano destra, picchia un gruppo di migranti.
Sotto il profilo politico quindi, la vicenda è destinata a produrre nuove ed importanti polemiche. In particolare, viene contestato il ruolo del Viminale nell’organizzare l’incontro a cui partecipa il trafficante. Ma non solo: complessivamente, da più parti adesso si critica la scelta dell’allora governo Gentiloni di trattare con Al Sarraj, premier di un governo sì riconosciuto ma che, al tempo stesso, al suo interno si regge grazie all’appoggio di discutibili milizie.
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