Calabria, è rivolta contro Di Maio: 90 attivisti firmano la “Carta di Catanzaro”
Un nuovo focolaio di rivolta scoppia in Calabria. E per LuigiDi Maio – già costretto ad arginare i malpancisti di Camera e Senato – potrebbero essere nuovi dolori, perché qui tra pochi mesi si vota e il Movimento 5 stelle locale proprio non ne vuol sentir parlare di un’alleanza con il Pd.
Pochi giorni fa, il capo politico ha ricevuto un documento, firmato dalla gran parte dei parlamentari calabresi (dopo l’addio di Silvia Vono, passata con Renzi, sono in tutto 17), in cui viene espresso in modo chiaro il no all’intesa con il Pd alle prossime Regionali e invocata la candidatura di uno tra l’imprenditore Pippo Callipo e il medico Ferdinando Laghi, due esponenti della società civile.
Ieri, però, la protesta ha registrato uno step ulteriore: 90 attivisti hanno firmato una nota al veleno contro Di Maio e chiesto un ritorno al Movimento delle origini.
Il documento diffuso dai pentastellati calabresi di “#noalleanza” è una sorta di ‘Carta di Catanzaro’, che segue di un paio di giorni l’ormai famosa ‘Carta di Firenze’, con la quale un gruppo di delusi ha invocato uno stop al capo politico, più democrazia interna e un cambio della proprietà della piattaforma Rousseau.
Ma se la ‘Carta di Firenze’ è stata redatta da militanti che hanno preferito la via dell’anonimato, in quella calabrese i 90 attivisti ‘contro’ ci hanno messo la faccia, mettendo nero su bianco i loro nomi e cognomi.
Gli estensori si dicono “ancora più risoluti nel far sentire la nostra voce” e invocano “graticole e voto online per tutti i candidati del M5S alla prossime elezioni regionali calabresi”.
Il nervo scoperto è proprio il “tradimento” della senatrice Vono, la cui fuoriuscita era “del tutto prevedibile”, dal momento che la neo renziana “poco o nulla aveva a che fare con i valori e l’attivismo a 5 stelle”.
Per i 90 grillini ribelli i nomi “calati dall’alto” alle ultime elezioni politiche (“per interessi che in nulla collimano con i valori fondanti del M5S”) avrebbero rappresentato un errore fatale, un problema “che investe tutta la penisola, non solo il Movimento calabrese”.
“Pertanto chiediamo – spiegano ancora – un ritorno a quello che era il Movimento ab origine. Al 4 ottobre del 2009, periodo in cui il Movimento non sentiva ancora la necessità di un capo politico…”. I firmatari spingono per l’archiviazione dell’era Di Maio, ma anche per il ritorno all’isolazionismo elettorale della prima ora, da cui deriverebbe il rifiuto di qualsiasi alleanza con il Pd sul modello dell’Umbria.
Ma capo politico e Pd non sono i soli a finire nel mirino degli attivisti. Nel M5S è ormai in atto una guerra tra bande dagli esiti imprevedibili.
Infatti sulla graticola finiscono anche i parlamentari calabresi che hanno consegnato il documento a Di Maio: “Se tutti sappiamo che la storia è maestra di vita, sembrerebbe che i nostri portavoce lo abbiano dimenticato. Difatti, risolutamente ad oggi propongono i nomi di Pippo Callipo e Ferdinando Laghi, che a loro avviso sembrerebbero personaggi idonei a ricoprire il ruolo di candidato governatore. Da tutto questo (e da questi) noi prendiamo fermamente le distanze”.
E questa posizione intransigente riguarda anche la possibile candidatura della deputata Dalila Nesci, che si era fatta avanti nelle scorse settimane: “Manterremo saldamente questa posizione anche e qualora si profilasse all’orizzonte chi è nel pieno svolgimento del secondo mandato elettorale”.
Non è finita, perché i firmatari – al fine di “scongiurare il ripetersi di azioni insensate e deleterie per tutto il Movimento” – ritengono auspicabile “un incontro tra tutti i portavoce e gli attivisti calabresi per tracciare insieme la strada da percorrere. Questo gruppo, mosso da piena consapevolezza, non intende ripetere gli errori del passato e chiede con fermezza le graticole e il voto online per tutti i candidati. Nessuno escluso”.
Ora Di Maio è costretto ad arginare un nuovo fronte di protesta.
il giornale.it