Fioramonti balbetta: “Non vado fiero”. E scoppia il caso del figlio
Dopo una giornata di imbarazzo, la replica del Ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti arriva poco prima delle 18 e 30, con un lungo post pubblicato sulla sua pagina Facebook.
«Non pensavo che vivere molti anni all’estero lavorando duro potesse essere usato contro di me – questo l’esordio del ministro del governo giallorosso -. Oggi non si attacca il mio lavoro, fatto di intese coi sindacati per garantire la didattica, ridurre il precariato, rilanciare l’edilizia scolastica e battersi per maggiori risorse in un settore bistrattato da decenni». Poi Fioramonti finalmente arriva al punto, ovvero il caso rivelato dal Giornale dei post Facebook al veleno e traboccanti violenza verbale, scritti qualche anno fa quando era docente in Sud Africa, all’Università di Pretoria. Attacchi alla polizia, insulti a politici e giornalisti, commenti quantomeno discutibili ed evitabili sull’attentato a Palazzo Chigi del 28 aprile 2013 in cui fu ferito gravemente il brigadiere dei Carabinieri Giuseppe Giangrande. E così Fioramonti continua, liquidando la vicenda in poche righe. Parla di «opinioni di anni fa, scritte sulla mia pagina privata, di getto, e con toni di cui ovviamente non vado fiero (e per cui ho già chiesto scusa alla diretta interessata in forma personale)».
Quindi prosegue nella sua riflessione, parlando di un’altra polemica, l’ennesima, venuta a galla proprio ieri pomeriggio. Il figlio del ministro Fioramonti non avrebbe sostenuto il test di italiano a scuola, preferendo esclusivamente l’insegnamento della lingua inglese, perché nato in Sud Africa e da sempre iscritto a scuole internazionali. All’agenzia di stampa AdnKronos la vicepreside dell’istituto scolastico ha spiegato così la vicenda: «La storia del test del figlio del ministro è la seguente: in prima e seconda elementare i bambini, il 30/40% dei quali sono stranieri, fanno il programma esclusivamente in inglese. L’ora di italiano scatta, solo per chi vuole, a partire dalla terza».
Ha continuato la dirigente della scuola: «Non facciamo gli esami di italiano in sede, ma in un’altra struttura e l’anno scorso Fioramonti che non era ministro (era viceministro all’Istruzione) insieme alla moglie straniera ha deciso di non far fare il test di italiano al figlio perché preferiva si concentrasse sull’inglese. Il bimbo, venendo dal Sudafrica, non parla bene l’italiano. Oggi quel bambino frequenta un’altra scuola». La vicepreside ha poi specificato: «Il bambino ha frequentato la lezione di italiano per un certo numero di ore con una maestra che è andata in pensione quest’anno. Poi, siccome aveva un po’ di difficoltà, è stato scelto di non fargli fare l’esame, che del resto non è obbligatorio». Contattato dall’agenzia per un commento, il ministro non ha risposto alle domande. Su Facebook invece ha continuato nel suo sfogo su altri aspetti di questa vicenda: «Giorni fa alcuni giornalisti sono andati a scuola di mio figlio chiedendo informazioni sui suoi voti, sul suo comportamento e sugli esami. Difendo e difenderò sempre il diritto alla libera informazione, accetto in silenzio tutte le critiche, in taluni casi anche molto dure, che mi vengono rivolte». Allora torna brevemente sullo scoop del Giornale: «A tutti può capitare di incorrere in errori, anche a me, come nel caso dei toni usati nelle affermazioni rilanciate dal tritacarne mediatico, pur vecchie di anni e fatte quando ero un semplice cittadino». Poi vira: «Ma recarsi in una scuola elementare per mettere sotto le luci dei riflettori un bambino di 8 anni è un atto di violenza. Mio figlio ha sempre frequentato scuole internazionali perché è nato e cresciuto all’estero». Spiega che il figlio «parla 4 lingue (tra cui l’italiano)».
Alla fine del lungo post annuncia: «Formulerò un esposto al Garante della privacy, da privato cittadino e non da ministro, per tutelare non solo il diritto alla riservatezza di mio figlio ma quello di ogni genitore a poter crescere ed educare i propri figli senza che la loro vita venga gettata in pasto ai giornali». Tutto si conclude con la notizia che il ministro non ha intenzione di dimettersi: «Se questi metodi sono pensati per spaventarmi, dico solo che io andrò avanti nel mio lavoro per trovare più risorse per la scuola e l’università».
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