Severn, ecco la Greta Thunberg di 27 anni fa
“Combatto per il mio futuro”. Greta Thunberg, la sedicenne svedese diventata simbolo della lotta ai cambiamenti climatici, non è un fenomeno così nuovo e inedito come si crede.
Nel 1992, 27 anni fa prima degli scioperi per il clima di Greta e della nascista del movimento Fridays For Future, ad appena 12 anni di età, una giovane attivista canadese di nome Severn Cullis-Suzuki pronunciò un discorso al vertice della Terra di Rio de Janeiro che rimase nella storia e che, riascoltandolo oggi, sembra molto simile a quello dell’icona del climaticamente corretto. “Sto lottando per il mio futuro”, affermava la giovanissima Suzuki in Brasile. “Perdere il mio futuro non è come perdere un’elezione o alcuni punti sul mercato azionario. Sono qui a parlare a nome delle generazioni future”.
Nel suo discorso non mancavano i toni allarmistici e apocallitici con cui anche Greta Thunberg ci ha abituato in questi ultimi mesi: “Ho paura di andare fuori al sole perché ci sono dei buchi nell’ozono, ho paura di respirare l’aria perché non so quali sostanze chimiche contiene. Nella mia vita ho sognato di vedere grandi mandrie di animali selvatici e giungle e foreste piene di uccelli e farfalle, ma ora mi chiedo se i miei figli potranno vedere tutto questo”. Fine del mondo imminente, toni apocalittici, il tutto pronunciato da una bambina adorabile e appassionata: sembra proprio Greta. Come nota anche La Repubblica, a distanza di 27 anni sembra che poco sia cambiato e tante sono le similitudini tra il discorso di Greta, pronunciato alla Nazioni Unite lo scorso 24 settembre, e quello di Severn Cullis-Suzuki. Oggi Severn è sposata e vive con suo marito e i suoi due figli ad Haida Gwaii, in Columbia Britannica, è una scrittrice e conduttrice tv in Canada, e il suo impegno per l’ambiente è continuato nel corso degli anni. L’Apocalisse annunciata non si è verificata.
Dopo quel celebre discorso del 1992, Severn Cullis-Suzuki fu insignita, nel 1993, nel Global 500 Roll of Honour dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente e pubblicò il libro per famiglie “Tell the World”, di 32 pagine, riguardante la salvaguardia ambientale. Successivamente contribuì alla promozione del think tank The Skyfish Project e promosse al Summit Mondiale per lo Sviluppo Sostenibile di Johannesburg, in qualità di membro della commissione consultiva speciale di Kofi Annan ed insieme agli altri membri del progetto Skyfish, un documento chiamato Recognition of Responsibility.
Non poteva immaginare che, 27 anni dopo, una ragazzina svedese di nome Greta sarebbe piombata sulla scena mondiale per dire le stesse cose che lei diceva tanti anni prima. Un’icona che però ha dietro una regia e una rete unica. In una scrupolosa e ben documentata analisi pubblicata su New Eastern Outlook, lo studioso F. William Engdahl, consulente e docente di rischio strategico, va al cuore del fenomeno Greta. Engdahl cita The Manufacturing of Greta Thunberg, libro pubblicato dall’attivista per il clima canadese Cory Morningstar, che prova a smascherare il “bluff” del climaticamente corretto. L’attivismo di Greta è legato – forse inconsapevolmente – ad Al Gore, presidente del gruppo Generation Investment. Il partner di Gore, David Blood, ex funzionario di Goldman Sachs, è membro della Task Force sul clima presieduta dal miliardario Micheal Bloomberg. Greta Thunberg e la sua amica diciassettenne americana, Jamie Margolin, sono state entrambe nominate come “consiglieri speciali” della Ong svedese We Don’t Have Time, fondata dal suo Ceo Ingmar Rentzhog, l’esperto di marketing e pubblicità che per primo ha diffuso sui social gli scioperi di Greta. Rentzhog è membro dei leader dell’Organizzazione per la realtà climatica di Al Gore e fa parte della Task Force per la politica climatica europea. Il Climate Reality Project di Al Gore è partner di We don’t have time.
Secondo Morningstar, “il complesso industriale non-profit può essere considerato l’esercito più potente del mondo. Impiegando miliardi di dipendenti tutti interconnessi, le campagne odierne, finanziate dalla oligarchia dominante, possono diventare virali nel giro di poche ore, instillando pensieri e opinioni uniformi, che gradualmente creano l’ideologia desiderata. Questa è l’arte dell’ingegneria sociale”. Questo, ad essere onesti, non significa per forza di cose che Greta Thunberg sia una marionetta o un prestanome di qualche miliardario. O che sia sul libro paga di qualcuno. Ma non si può nemmeno pensare che una campagna mediatica di queste dimensioni globali sia del tutto “spontanea” o nasca nel nulla. I collegamenti sopra elencati ne sono una prova. “L’immagine che emerge è il tentativo di una riorganizzazione finanziaria dell’economia mondiale usando il clima – ossserva Engdahl -per cercare di convincere la gente comune a compiere sacrifici indicibili per salvare il nostro pianeta”.
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