Sala colpevole: “Sapeva dei falsi”. Ma per giudici agì a fin di bene

“Non vi è dubbio che il reato sussista”. Così i giudici di Milano spiegano la condanna per falso ideologico inflitta il 5 luglio scorso al sindaco Giuseppe Sala, imputato per verbali retodatati di una gara d’appalto di Expo.

Una condanna a sei mesi, convertita in multa di 45mila euro, e che peraltro il prossimo novembre sarà prescritta (a meno che il sindaco rinunci a questo beneficio) ma che ne segna comunque un capitolo non brillante del curriculum di manager pubblico e privato.

Nella sentenza i giudici della decima sezione scrivono che “non vi è dubbio che Sala rivestisse la qualifica di pubblico ufficiale in quanto amministratore delegato di Expo, società a capitale interamente pubblico”; e, una volta assodato senza ombra di dubbio che il verbale di nomina venne falsificato, per i giudici non sta in piedi la tesi difensiva di un “falso innocuo”, che non ha aiutato ne danneggiato nessuno. “Non vi è dubbio che il reato di falso ideologico sussista a nulla rilevando che ad analogo risultato si potesse giungere anche per altra via”. Falsificando il verbale, Sala aveva come obiettivo quello di impedire ricorsi contro la aggiudicazione dei lavori. “Il fatto che poi l’impugnazione non vi sia stata, lungi dal costituire un elemento a discarico, potrebbe invece confermare che proprio l’apparenza di assoluta regolarità della procedura artificiosamente creata ha indotto a desistere dall’impugnazione”. Ed inverosimile per i giudici è quanto dichiarato in aula dal sindaco, che ha detto di non essersi neanche reso conto del contento del verbale: “egli era certamente consapevole del fatto che si accingeva , nel momento in cui apponeva la firma, a creare degli atti retrodatati.. erano atti specificatamente attesi, che non potevano essere confusi con altri portati alla firma dell’amministratore delegato o passare inosservati. Non vi è spazio logico per ritenere che prima della apposizione della firma non siano stati letti o lo siano stati distrattamente. Sala sapeva della redazione di siffatti documenti, li attendeva e li ha sottoscritti consapevole delle illecite retrodatazioni”.

Colpevole, dunque. Ad attenuare la pena, il tribunale riconosce a Sala di avere agito per il bene pubblico e in particolare per le sorti di Expo. “Non è emersa alcuna volontà di avvantaggiare taluno dei concorrenti alla gara ma solo quella di assicurare la realizzazione in tempo utile delle infrastrutture necessarie per la realizzazione ed il successo della esposizione universale, risultato poi effettivamente conseguito. Tale circostanza consente di attenuare la pena in tutti i casi in cui l’autore abbia agito per motivi di particolare valore morale e sociale… non vi è dubbio che la realizzazione dell’evento Expo fosse questione di generale e preminente interesse nazionale: deve dunque trovare particolare considerazione la volontà di realizzare le infrastrutture necessarie in tempo utile, pena il vero e proprio fallimento della manifestazione”

il giornale.it

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