Via l’ergastolo a vita
L’ergastolo è la pena detentiva perpetua per chi si macchia di reati particolarmente gravi.
Ma il «fine pena mai», come si dice in gergo, è cosa teorica pure per assassini e stragisti, che dopo aver scontato 26 anni di carcere accedono a permessi e libertà condizionata. Tranne nel caso dei killer di mafia che si rifiutano di collaborare con la giustizia. Per costoro – colpevoli dei reati mafiosi previsti dall’articolo del codice penale 416 bis -, scatta invece l’ergastolo ostativo, che prevede il carcere duro (il «41 bis») e nessuno sconto. Ieri la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato illegale questo tipo di trattamento e ordinato all’Italia di abolirlo. Per boss e pluriassassini si apriranno quindi un giorno le porte della prigione.
In linea di principio il «fine pena mai» abbinato al carcere duro non è un limpido esempio di civiltà giuridica. Ma come tutti i nobili principi, vale in tempo di pace. E i giudici europei avrebbero dovuto sapere che l’Italia non è in pace, ma è alle prese da un secolo con una sanguinosa guerra, quella dichiarata dalle mafie allo Stato e ai cittadini. Sospendere alcune garanzie civili, cioè introdurre nel nostro ordinamento il 41 bis, è stata una delle armi più efficaci se non l’unica, al netto dell’eroismo degli investigatori per arginare il nemico, i cui capi fino ad allora riuscivano a comandare il loro esercito anche da dietro le sbarre, rispettati, venerati e temuti per via della certezza che un giorno o l’altro sarebbero tornati a casa con la possibilità di regolare i conti con chi avesse sgarrato.
I giudici europei non sanno poi che un mafioso, un vero mafioso, non concepisce la clemenza come contratto di pace. E neppure, salvo rarissimi casi, la riabilitazione come possibilità di riscatto. Il mafioso resterà sempre mafioso, nemico dello Stato e del vivere civile, perché il suo è un patto di sangue irrinunciabile con il male. Prova ne è che – se si trova in una situazione di «fine pena mai» – è perché ha liberamente scelto di non pentirsi e di non collaborare con la giustizia. Che significa: meglio morire in carcere che abiurare la mafia.
Noi siamo per l’Europa dei popoli, non per l’Europa delle mafie. Il «fine pena mai» tolto ai mafiosi incalliti è un «fine pena mai» appioppato a tutti gli italiani, un oltraggio alle vittime di mafia civili e militari, una zeppa nel lavoro degli inquirenti. E anche una frattura tra noi, convinti europeisti, e queste istituzioni lontane che fanno accademia su un cancro che sta divorando l’Italia.
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