La dura legge dell’assegno post divorzio
C on 386 sì la Camera dei deputati ha approvato la legge per l’assegno divorzile. Il testo prevede che decadrà in caso di nuovo matrimonio, che sarà legato al reddito e al patrimonio.
Status che se positivi non giustificano un assegno che diventa richiesto più per vendetta che per necessità. Per quanto riguarda l’età e la condizione lavorativa di chi lo richiede prima di passare al senato la proposta dovrebbe allargare le maglie di possibilità in cui non può venire meno un sostegno obbligatorio. In sostanza una giovane moglie deve lavorare anche se ha i bambini da crescere e se l’impiego l’ha cercato senza successo. Come se oggi trovare un lavoro per una donna con i figli piccoli, dal nord al sud Italia, fosse cosa scontata. Il tribunale potrà predeterminare la durata del mantenimento perché la disoccupazione è considerata sempre superabile. Una legge che si ispira alla famosa sentenza Grilli, secondo cui il matrimonio deve essere inteso come una scelta d’amore e di coraggio, non una sicurezza economica a vita per il coniuge economicamente più debole. È una legge che si attaglia alla perfezione a quella per l’affidamento condiviso, per cui la cura dei figli spetta per metà ad ogni genitore. Un’equiparazione di responsabilità all’interno di una famiglia in cui madre e padre svolgerebbero lo stesso ruolo di sostentamento, non soltanto in termini affettivi, ma anche di tempo da trascorrere coi bambini.
Il risultato di questa concettualizzazione è nella storia di una mamma originaria di Baressa, un piccolo paese in Sardegna, che viveva e lavorava con il marito nel viterbese. Al momento della separazione il giudice non le ha assegnato la casa coniugale ma ha stabilito che per il principio della bigenitorialità madre e figlia dovessero risiedere nello stesso comune del padre. Con i 150 euro mensili di assegno e non trovando un lavoro che le permettesse di mantenere sé e una figlia di soli 3 anni è stata costretta a venir meno alla decisione del giudice per fare ritorno a Baressa nella casa dei suoi genitori. Una decisione per cui il tribunale ha deciso di affidare la bambina in esclusiva al padre, con un permesso di visita alla madre ogni 15 giorni, nonostante sia stata giudicata perfettamente adeguata al ruolo materno. I divorzi sono sempre più frequenti e con loro i bambini sottratti alla madre o spostati da una casa all’altra come pacchi inanimati per garantire il diritto di padri che spesso usano i figli per vendetta contro le mogli.
Il matrimonio, si sentenzia, va inteso solo come amore, sul quale le disponibilità economiche, le condizioni sociali, lo stato con il suo vecchio diritto familiare, non devono più interferire.
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