Luigi Di Maio bacia i piedi ad Angela Merkel: la frase scandalosa con cui sfregia l’Italia

Ormai manca solo la riabilitazione di Jean-Claude Juncker. Chissà: prima del voto, magari, arriverà pure quella. Ieri, intanto, si è visto lo slancio appassionato nei confronti di Angela Merkel. Intervistato da Die Welt, quotidiano tedesco di tendenza conservatrice, Luigi Di Maio si è sperticato in elogi per la cancelliera, rimangiandosi idee che sino a non molto tempo fa erano considerati dogmi del grillismo. L’ imperativo quotidiano, per lui e gli altri pentastellati, è prendere le distanze da Matteo Salvini e dai suoi amici del blocco di Visegrad, e se per farlo occorre baciare la pantofola di chi ha reso l’ Unione europea ciò che è oggi, kein problem: nessun problema.

È stata una di quelle interviste che quando le faceva Matteo Renzi lo ricoprivano di insulti. «Da qui finge di abbaiare alla Merkel, poi va lì, si toglie il cappello e obbedisce agli ordini», lo attaccava Di Maio. Era l’ epoca in cui tutto ciò che era buono per la cancelliera era dannoso per l’ Italia. Tipo la riforma del Jobs Act, che il futuro ministro del Lavoro bollava come «un intervento normativo che piace a Draghi e alla Merkel», e tanto bastava a farne una schifezza. Altri tempi. Adesso la signora è diventata buona. Un esempio da imitare. «Politici come la Merkel» farebbero tanto bene anche all’Italia, sospira Di Maio al giornalista tedesco.

Una dichiarazione d’ amore accompagnata dall’ assicurazione che lui no, non è come l’ altro, quel Salvini che dice le parolacce e frequenta cattive compagnie. «Io non ho mai attaccato la Germania», giura. «Sto formando un gruppo nel parlamento europeo», lontano tanto dalla «destra populista» quanto dai partiti tradizionali, è il messaggio che invia a Berlino. «Questo nuovo gruppo dice una cosa molto chiara: noi non stiamo con il quartetto di Visegrad che blocca un’ equa distribuzione dei migranti». E tanto meno lui sta «con le forze negazioniste e anti-europeiste come Afd o altri». Le stesse che domani, guarda caso, saranno a Milano, ospiti di Salvini, per lanciare la campagna elettorale.

In realtà sinora, a Strasburgo, gli eurodeputati del M5S hanno vivacchiato in un gruppo (Efdd, Europa della libertà e della democrazia diretta) il cui vicepresidente è Jörg Meuthen, portavoce proprio di Afd (Alternative für Deutschland), il partito «negazionista e anti-europeista» rivale della Merkel. Però questo è il passato: ciò che conta è la promessa di fare il bravo, da adesso in poi.

MA QUALE SURPLUS?!
A cominciare dalla questione più fastidiosa, quella del surplus commerciale tedesco che sfora regolarmente i limiti europei. C’ era un tempo, non lontano, in cui sul blog di Beppe Grillo si leggeva che «il surplus tedesco sta spezzando in due l’ Unione europea e la moneta unica è il cappio tramite il quale questo stato di cose non è modificabile».

Era la posizione ufficiale del movimento, che gli europarlamentari di Di Maio copiavano e incollavano sul sito del gruppo Efdd, dove ancora si può leggere. La versione che fornisce oggi a Die Welt l’agnellino Giggino è un po’ diversa: «Il dibattito sul surplus commerciale tedesco non è la panacea di tutti i mali. Mi piacerebbe lavorare di più con la Germania nella politica industriale. Vorrei una maggiore collaborazione tra le due industrie automobilistiche, dovremmo lavorare insieme all’esportazione». Chissà perché, né Sergio Marchionne né il suo successore Mike Manley ci hanno pensato: meno male che è venuto in mente a Di Maio. Se a Monaco di Baviera o a Stoccarda c’ è qualcuno interessato a mettere le mani sull’ auto italiana, sappia che a palazzo Chigi ha un amico.

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