Luigi Di Maio e Davide Casaleggio, il golpe perfetto: come hanno fatto fuori Beppe Grillo dal M5s
La firma dell’ abdicazione Beppe Grillo l’ha vergata il 20 dicembre 2017. Ma finché la carta è stata nascosta, non cantava, e Grillo è stato per 15 mesi come la salma di Tito circolante su un treno per la Jugoslavia, un po’ cadavere sacro, un po’ marionetta contro cui tirare le freccette per preservare i giovani capi dall’ ira del proprio popolo. Aveva accettato il ruolo, ma la pazienza dei comici ha un limite, specie quando per dieci-venti volte gli rovinano la battuta. Così si è stufato di farsi tirare la barba. Perciò ieri è stata resa nota, con tanto di fotocopie pubblicate dall’ Adnkronos, la carta bollata del certificato di morte dell’ antico pargolo politico di Grillo. Su quelle ceneri nacque dalla carta e dall’ inchiostro il Movimento 5 Stelle, che da oggi è ufficialmente e pubblicamente un’ altra bestia. Non è più di specie grillina, è una associazione geneticamente modificata rispetto al suo antecedente, con una coppia di nuovi fondatori.
Non chiamiamoli padri, non esageriamo. Va meglio genitore uno e genitore due: piuttosto artificiali e parecchio bassini rispetto alla genealogia che li precede. E così eccoci a Luigi Di Maio, noto come Giggino, e Davide Casaleggio detto fu Gianroberto.
È possibile che Grillo appiccicherà quel papier finora rimasto in cassaforte sull’ uscio della sua villa di Genova, dove si affollano questuanti e gente che minaccia di spararsi, come se lui potesse farci qualcosa. Soprattutto farà distribuire quei documenti notarili come antidoto alle rotture di scatole nei foyer dei teatri dove cerca di esibirsi, finalmente senza più trovarsi circondato dai suoi (ex) devoti incazzati come bisce. Del resto che cosa poteva aspettarsi? Li ha tirati su lui in questa maniera, con un pastone quotidiano di sarcasmi e vaffanculo, nessuna sopportazione di idee diverse, non prevista la possibilità di ragionare pacatamente, ma solo rapidi morsi alla giugulare. Oh, che gusto per Beppe liberarsene. Via, lontano dai Giggino e dai Dibba, fuori dalle riunioni telefoniche con Conte, che media anche sui congiuntivi, anche lì con scarsa competenza. idee mutevoli A Bologna, a Roma, persino a Napoli invece che infuriarsi con la camorra o con De Magistris o Saviano, i suoi seguaci ce l’ avevano con lui.
Domenica è capitato persino a Lecce. Lo aspettavano pure a Bari, magari guidati da una pernacchia di Lino Banfi. Basta così. Un conto è attraversare a nuoto lo Stretto di Messina (9 ottobre 2012), impresa epica per un guitto di 65 anni: allora era in grado di tenersi la Sicilia e l’ Italia sulla spalle; ma doversi tenere a 71 anni questi stronzetti sulle palle, proprio no, sgrullarseli da dosso. Come nella canzone di Francesco De Gregori, adesso può dire «non sono io quello che cercate». E disperdere i grillini col sangue alla testa, che lo rincorrevano per rinfacciargli le sue libere opinioni. Le quali sono mutevoli com’ è giusto se si è esseri umani e non coglioni tetragoni: sui vaccini e forse anche sulle sirene, che a denti stretti Beppe si è convinto non esistano, mentre le scie chimiche dei jet della Nato restano un dubbio per lui irrisolto, ma che gioia ammettere, senza essere strapazzati dal sottosegretario agli Interni Carlo Sibilia, che l’ uomo ha messo piede davvero sulla Luna.
Dopo un anno e mezzo in cui non aveva potere statutario ma gli rinfacciavano tutto, poter respirare a pieni polmoni contando i soldi. Bravo Beppe Grillo, che ha scelto la liberazione dalla sua creatura apocrifa. Se ne è divincolato per potersi permettere di fare il rompicoglioni senza che gli altri abbiano più il diritto di romperli a lui. A Giggino di Maio e a David Casaleggio, imberbi suoi figlioli, può lasciare la bicicletta con le ruote sgonfie: l’ hanno voluta.
storie parallele Qui sta la differenza con Umberto Bossi, che invece è stato pensionato a forza, ma a cui la malattia aveva già inflitto un brutto colpo: se non altro si è ritrovato un rifondatore di lusso, come Matteo Salvini, il quale ha mutato nome al vecchio Carroccio, gli ha pure cambiato le ruote e i semiassi. La Lega non è più a sola trazione nordica, anche se a sud l’ opera è ovviamente pigra. Del trio dei gloriosi fondatori è rimasto vivo e vegeto Silvio Berlusconi, il quale è pure il più anziano del gruppo, ma dal volante non lo spostano neanche con il carro attrezzi. In conformità con le sue convinzioni estetiche, sta meditando il terzo o quarto restyling di Forza Italia.
Nessuno osa neanche ambire a una successione, specialmente su indicazione del medesimo Berlusca. Chi da lui attratto in qualche luogo termale con la scusa della dieta di erbe, si era avvicinato con la sua benedizione al timone, con tanto di accappatoio regale, si è ritrovato in quattro e quattr’ otto giù dal naviglio. Il caso di oggi è però quello di Grillo. Anche se la novità data da quel lontano 2017, quando da un notaio di Milano, dopo l’ ora dell’ aperitivo, si ritrovò Grillo con i suoi alfanini, anzi girini. Sono diventati rospi, e Beppe non vuole più baciarli.
di Renato Farina