Luigi Di Maio e il report che lo incastra sulla Tav: “Complotto del Corriere, giocano sporco”

No, Luigi Di Maio non è stato “folgorato sulla tratta Torino-Lione” come ha scritto Francesco Verderami sul Corriere della Sera. Non dirà sì alla Tav e non c’è alcun “sondaggio riservato” in cui si mette nero su bianco che la “stragrande maggioranza degli elettori grillini è favorevole all’opera ferroviaria” (70 per cento). No. Di Maio smentisce tutte le indiscrezioni e retroscena con un comunicato ufficiale: “Quanto riportato oggi da alcuni organi di stampa non solo è destituito di ogni fondamento, ma corrisponde a un clamoroso falso, visto che il Movimento 5 Stelle non è in possesso di alcun sondaggio interno sul Tav con quei dati”. 

E ancora, si legge nella nota diramata dai grillini: “I sondaggi che abbiamo visionato noi a febbraio danno i due terzi degli elettori del Movimento 5 Stelle contrari alla Tav. Dati confermati, fra l’altro, da un sondaggio di Demopolis per Otto e Mezzo (La7) in cui gli elettori del M5s favorevoli sono appena il 18 per cento. In linea con altri sondaggi meno recenti di altri istituti (fra cui Swg) che confermano l’assoluta contrarietà dell’elettorato 5 Stelle. Cioè l’opposto di quello che si sta diffondendo sui media. A che gioco sporco si sta giocando?”, ci si domanda paventando l’ipotesi di un complotto alle spalle del Movimento e di Di Maio. 

Secondo il Corriere in questo sondaggio “il 70% dice «sì» alla Tav. E se il capo di M5S voleva usare il report come un referendum, il risultato dev’essergli parso un plebiscito”. Secondo Verderami il dossier peraltro in Di Maio “rafforza la sua idea di imprimere una «svolta» all’azione politica e di governo del Movimento. In fondo il cambiamento non è che un ritorno al passato, alla linea adottata l’anno scorso in campagna elettorale: è un profilo che era stato accantonato dopo il voto con la scomposta richiesta di impeachment per Mattarella, è una strada che era stata abbandonata rincorrendo Di Battista e i gilet gialli. Finito in un vicolo cieco, Di Maio si è convinto a tornare indietro per reimpostare il rapporto con il mondo delle imprese, per riallacciare il filo delle relazioni con il Vaticano, per ricalibrare le scelte di natura internazionale”.

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