“Mi chiese il triplo dei soldi e ho dovuto darglieli: vuoi mica metterti contro il padre del Premier?
Fabio Tonacci per “la Repubblica”
L’ attrazione fatale per quel cognome gli è costata cara. Per l’ esattezza 93 milioni. «Prima di lavorare con Tiziano Renzi fatturavo 100 milioni all’ anno, oggi non supero i 7…». Una sintesi un po’ brutale, a dir la verità: di mezzo ci sono anche due indagini per false fatturazioni a Firenze, un’ accusa di corruzione a Lecce, un’ estate ai domiciliari e un’ interdizione tuttora in parte valida.
Però l’ imprenditore barlettano Luigi Dagostino, 52 anni, ribattezzato “il re degli outlet di lusso”, è così: quello che ha da dire, lo dice. Concetti come questo: «L’ amicizia con Tiziano mi ha portato solo guai. E pensare a tutti i favori che gli ho fatto…».
Favori?
«Ho fatto lavorare la sua Eventi6 all’ outlet di Reggello pagandola più del doppio del dovuto, ho fatto assumere la gente di cui mi mandava i curriculum, l’ ho portato con me in giro per l’ Italia. Ho pure dato una mano a un suo amico imprenditore di Arezzo».
Andiamo con ordine. Quando ha conosciuto Tiziano Renzi?
«Nel 2014. Stavamo realizzando a Reggello il The Mall, l’ outlet con i marchi di lusso. Me l’ hanno fatto incontrare degli amici comuni: si presentò e mi chiese di lavorare».
E lei accettò subito?
«Certo. Se il padre del presidente del Consiglio ti chiede di lavorare, che fai? Meglio dire di sì, secondo me. E comunque mica gestivo soldi pubblici. Ho provato sudditanza psicologica, come certi arbitri davanti alla grande squadra».
Secondo lei la Eventi6, la società di Tiziano e Laura Bovoli, ha beneficiato della carriera politica di Matteo Renzi?
«Posso solo dire che dal 2015 in poi il suo fatturato prese a crescere. Mica sono stato l’ unico imprenditore a provare sudditanza psicologica…».
Commissionò uno studio di fattibilità per il The Mall e pagò alla Eventi6, nel giugno 2015, una fattura da 140.000 euro: la procura di Firenze la considera gonfiata e vuole portarla a processo, insieme ai genitori di Matteo Renzi.
«Quando Tiziano mi presentò il conto rimasi perplesso, perché lo studio non valeva più di 50.000 euro. Ma non è che mi metto a discutere sul prezzo col padre del premier. Ho pagato e amen».
Cos’ è questa storia dei curriculum?
«Tiziano era una sorta di capo tribù, da quelle parti. E siccome il The Mall di Reggello assumeva personale, mi mandò diversi curriculum di persone da sistemare. Era impegnato politicamente col Pd locale, e questo gli rendeva consensi, ovviamente».
Quanti ne ha ricevuti?
«Una quindicina. Magazzinieri, commesse… C’ era anche quello di suo nipote. Alcuni li abbiamo assunti, altri no. Suo nipote, sì».
Raccomandò anche imprenditori?
«Sì, uno è Andrea Bacci, che già conoscevo. Bacci mi disse di essere molto vicino a Tiziano e Matteo Renzi. L’ altro era un suo amico di Arezzo, tale Menchetti, che produce pizze e focacce: Tiziano mi chiese di permettere a Menchetti di mettere il baracchino davanti al The Mall. E io acconsentii».
Le chiese anche di salvare la ditta di Bacci, quando stava per fallire?
«No. Bacci entrò a lavorare nel nostro gruppo come fornitore.
Finché ho potuto l’ ho supportato con appalti, ma solo per motivi imprenditoriali».
Però anche lei ha cercato di sfruttare il cognome Renzi. Si è portato Tiziano a Sanremo e a Fasano agli incontri coi sindaci, per promuovere altri outlet.
«Fu lui a chiedermi di venire a Sanremo, sostenendo di avere esperienza nel campo dell’ incoming: a Genova, in passato, indirizzava chi scendeva dalle navi verso negozi e aree commerciali. Quando fummo davanti al sindaco di Sanremo, si sedette in un angolo e a stento aprì bocca. A Fasano, invece, venne per incontrare un dirigente della Regione Puglia per questioni politiche. Dopo quel biennio, 2014-2015, ho troncato i rapporti con lui, ancor prima che le indagini ci travolgessero».
Oggi cosa pensa di Tiziano Renzi?
«Come persona è stato sempre corretto. Come imprenditore è vivace, ma si è trovato a gestire un’ azienda molto più grande di lui. Le sue capacità sono abbastanza artigianali. Credo che tra la sua Eventi6 e le cooperative ci sia stata qualche commistione di troppo».
Lei è accusato a Lecce di aver dato 43.000 al pm Antonio Savasta per corromperlo e ritardare un’ indagine che la riguardava. Cos’ ha da dire?
«Non ho mai dato soldi a nessuno, e lo dimostrerò».
A Firenze invece è finito ai domiciliari per 3 milioni di euro di fatture per operazioni inesistenti.
«Può sembrare una cifra enorme, ma l’ evasione ammontava appena al 2% del mio fatturato. Sono tra i primi dieci contribuenti della Toscana, per redditi personali, societari e per imposte pagate. Ho fatto il ravvedimento operoso, versando 3,2 milioni all’ Agenzia delle Entrate. Purtroppo, nel sistema immobiliare allora c’ era un fabbisogno che veniva realizzato in quel modo».
Cosa non rifarebbe?
«Collaborare con Tiziano Renzi e gli altri del cosiddetto Giglio magico. Sono stato incauto. Hanno fatto solo i loro interessi». http://Tratto da http://www.mag24.es