Helpcode, l’Ong onesta che sbugiarda i buonisti: “I migranti nei campi libici non sono oggetto di tortura”
Intervista de Il Primato Nazionale a Valeria Fabbroni, direttrice dei programmi di Helpcode. Helpcode è un’organizzazione italiana umanitaria, fondata nel 1988. A differenza delle ben più note Ong, Helpcode è impegnata in Paesi quasi dimenticati dall’umanitarismo odierno, senza proclami politici e slegata completamente dalla rete di influenze che abbiamo spesso evidenziato. Completamente trasparente in merito ai dati economici, Helpcode ha beneficiato nel 2018 dei fondi dell’Unione Europea e del Governo italiano per i progetti in Libia, Tunisia e Mozambico. (…)
Spesso la stampa italiana e quella internazionale descrivono i centri di detenzione governativi libici come luoghi nei quali i migranti vengono torturati. Può chiarire queste insinuazioni, che colpiscono anche l’impegno di organizzazioni come la vostra?
Non abbiamo mai testimoniato ne osservato, nemmeno tramite i nostri collaboratori che sono nei Centri di detenzione governativi libici ogni giorno, casi di tortura. Anzi, per me è necessario che si possa testimoniare che abbiamo trovato direttori dei centri di grande umanità e coraggio, che cercano di fare del loro meglio in una situazione di per se complessa. Certo, i centri sono luoghi duri e difficili, dove ci si rende conto che ogni migrante ha una storia, un nome, un passato ed un dramma da raccontare; ma ciò non vuol dire che siano oggetto di tortura.
Grazie alla vostra esperienza in contesti internazionali ad elevata problematicità, quali potrebbero essere le iniziative italiane ed europee che potrebbero aiutare ulteriormente Tripoli nella gestione umanitaria dei migranti?
Sicuramente rendere agili e rapidi i processi per rimpatrio dei detenuti, che per una complessa situazione di diritto internazionale, purtroppo ha tempi lunghi per la maggioranza delle nazionalità ospitate. E, inoltre, applicando il concetto della migrazione sostenibile: identificare i casi estremamente vulnerabili che possano essere accettati dagli Stati Europei, e sostenere i migranti detenuti nel difficile rientro a casa. E soprattutto, creare le condizioni, come già sta facendo l’European Trust Fund, per migliorar la vita nei paesi di origine.
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