L’ultimo regalo di Renzi e Boschi agli italiani? Il loro fotografo lo dobbiamo mantenere a 70mila euro l’anno insieme a tutti i loro leccapiedi, messi a posto l’ultimo giorno di governo PD

Giacomo Amadori per “la Verità”
Durante la lunga fase preparatoria del nuovo governo il vecchio gabinetto ha vissuto la transizione con la trepidazione della Roma papalina di fronte alla discesa dei Lanzichenecchi. Gli ex potenti, mentre lasciavano i Palazzi, terrorizzati dall’ annunciato Cambiamento, hanno cercato di mettere in salvo il salvabile, piazzando o promuovendo i propri fedelissimi.
Giovedì sera a Palazzo Chigi i dipendenti hanno udito con stupore un acceso confronto tra il segretario generale uscente Paolo Aquilanti e Gerardo Capozza, il capo ufficio vicario del Cerimoniale di Palazzo Chigi. Il primo, dicono i ben informati, aveva deciso di inviare al Quirinale l’ avvocato Francesco Piazza, fedelissimo di Maria Elena Boschi e responsabile del Servizio visite di Stato e accoglienza, come rinforzo per la cerimonia di giuramento di premier e ministri.
A rigor di regolamento, il prescelto per la missione avrebbe dovuto essere Enrico Passero, addetto al Cerimoniale nazionale. Comunque, alla fine, nelle foto ufficiali è entrato solo Aquilanti, il quale, hanno notato i colleghi, si è fatto immortalare non a fianco di Paolo Gentiloni e della Boschi, ma del nuovo sottosegretario Giancarlo Giorgetti.
Si dice che la Boschi abbia chiesto al collega di mantenere Aquilanti al suo posto per ulteriori 45 giorni «al fine di assicurare la continuità amministrativa». «Ma la regola del mese e mezzo dovrebbe valere solo per i capi dipartimento di Palazzo Chigi e Aquilanti non lo è», ha sussurrato un funzionario. Tra i gratificati delle ultime ore anche Tiberio Barchielli, il fotografo di Rignano sull’ Arno ingaggiato a Palazzo Chigi come consulente «esperto» a partire dal 2014 per volere di Matteo Renzi.
Il contratto in scadenza (da 70.000 euro annui) di Barchielli è stato prolungato di 6 mesi proprio da Aquilanti. Ma l’ accordo non è ancora stato registrato alla Corte dei conti e pertanto il sottosegretario Giorgetti potrebbe annullarlo.
Lo staff della Boschi ha premiato in extremis anche la fedeltà di due strette collaboratrici dell’ ex sottosegretaria: per una la promozione a dirigente di prima fascia è diventata effettiva, per l’ altra, invece, i sindacati si sono opposti e la capa del personale Francesca Gagliarducci ha stoppato tutto.
Non è finita. Cristiano Cerasani, che sempre la Boschi aveva provato a piazzare a capo dell’ ufficio legislativo (tentativo tramontato per la mancanza di titoli sufficienti), è stato inserito nell’ elenco inviato al Quirinale per la nomina a Grand’ Ufficiale della Repubblica.
Agitazione anche a Montecitorio dal momento che sembra che il neopresidente Roberto Fico abbia intenzione di confermare tutto lo staff della sua «predecessora» Laura Boldrini.
Grandi manovre si sono registrate anche in altre riserve di caccia della vecchia nomenclatura di centrosinistra. Per esempio all’ Agenzia delle entrate, guidata da Ernesto Maria Ruffini, il «tecnico» che ha calpestato il palcoscenico della Leopolda renziana a partire dalla sua prima edizione. L’ ultimo arrivato nel suo regno è il capo ufficio stampa Salvatore Padula. Dopo le elezioni del 4 marzo, Ruffini aveva chiamato nella sua squadra il direttore degli Affari legali Laura Salvati e il direttore della divisione Servizi Valerio Barbantini, dirigenti che resteranno sul groppone del suo successore.
Padula, assunto con un contratto da esterno per tre anni a partire da maggio, è andato ad affiancare il portavoce di Ruffini, Giovanni Bartoloni (un altro esterno, che vanta anche un incarico come assistente del parlamentare europeo Enrico Gasbarra del Pd) e l’ ex capo ufficio stampa Sergio Mazzei, passato al sito Web e ai social media. Prima dell’ arrivo di Bartoloni e Padula, Mazzei faceva da solo quello che ora fanno in tre, il che si traduce per noi cittadini in due stipendi in più sopra i 100 mila euro da pagare ai due esterni Padula e Bartoloni.
All’ Agenzia delle Dogane e dei Monopoli è stato appena approvato dal ministero dell’ Economia e delle Finanze il nuovo Statuto e il nuovo Regolamento di amministrazione che modifica direzioni e compiti. Il direttore Giovanni Kessler, nominato da Renzi, ha scelto dieci giorni fa, messo alle strette dal Csm, di lasciare la magistratura (era da ben 18 anni fuori ruolo quando la legge ne prevede al massimo 10) e rimanere direttore alle Dogane.
Ma l’ ex parlamentare Ds (Democratici di sinistra) e fondatore del Partito democratico a Trento ha potuto scegliere di correre il rischio di essere rimosso dal nuovo governo con lo spoils system, perché ha un comodo paracadute all’ Olaf, l’ Ufficio antifrode dell’ Unione europea, dove è stato nominato funzionario dell’ Unione europea a vita.
A conferma del forte legame con il Pd, poco prima delle elezioni Kessler ha assunto come dirigente esterna con uno stipendio di circa 100 mila euro, Monica Nardi, che alle Dogane è responsabile dell’ Ufficio relazioni esterne e sua assistente personale. La Nardi è stata portavoce del governo di Enrico Letta e prima ancora aveva lavorato nell’ ufficio stampa del governo di Romano Prodi.

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