Vaticano, Cardinale Suarez Inda: “Casi di pedofilia restino segreti”
La pedofilia nella Chiesa? Non dovrebbe esser resa pubblica. Gli abusi sui minori sono questioni delicate…”. La netta presa di posizione arriva da un fedelissimo di Papa Francesco, il cardinale messicano Alberto Suárez Inda, arcivescovo emerito di Morelia, intervistato dal vaticanista Mediaset, Fabio Marchese Ragona, nel suo libro “Tutti gli uomini di Francesco” (San Paolo Edizioni, 384 pagine, 18 euro), da oggi in libreria. Nel volume, tutti insieme i cardinali elettori creati da Bergoglio si raccontano, per la prima volta, svelando anche particolari inediti della loro vita e della missione che svolgono nei cinque continenti. Un viaggio inedito che parte dal cuore della cristianità, la Città del Vaticano, e che finisce in Oceania, attraversando tutti gli altri continenti. Con clamorosi retroscena, mai svelati, anche sul conclave che ha eletto Papa Francesco.
Nel vostro Paese la piaga della pedofilia pesa ancora molto?
In questo momento la Chiesa si sta concentrando nel dare una formazione ferrea e un maggiore equilibrio affettivo che garantisca, nel limite delle aspettative, che i futuri sacerdoti vivano con fedeltà la propria vocazione, impegnandosi pienamente «per amore, con amore, nell’amore », come afferma un illustre esperto, padre Amedeo Cencini. A tutta la Chiesa, i casi di abuso su minori creano un dolore e per questo è stato previsto un protocollo e una legislazione molto severa.
Cosa si deve fare se ci si trova davanti a casi di abusi del clero sui minori?
Il Papa ci invita alla “tolleranza zero” perché la pedofilia è come un virus, un’epidemia che coinvolge il mondo, non solo la Chiesa. Gli abusi su minori sono questioni molto delicate e io non sono d’accordo nel rendere pubbliche queste vicende. Se ci sono dei casi, vanno subito denunciati secondo le indicazioni della Santa Sede, perché sono dei crimini che vanno contro la dignità degli indifesi e dei più piccoli.
Eminenza, lì in Messico anche i preti sono nel mirino dei narcotrafficanti…
È da parecchi anni che qui in Messico i problemi di narcotraffico e di violenza da parte di bande criminali si sono aggravati. Soprattutto nelle aree dove si contendono il territorio o dove ci sono le loro basi. Solo negli ultimi cinque anni, in Messico, sono stati assassinati otto sacerdoti, due dei quali proprio nella mia diocesi. Altri preti sono stati anche uccisi perché denunciavano i traffici di droga. E chi alza la voce, paga. Credo, però, che non sia una persecuzione contro la Chiesa, ma l’apice di una situazione di pericolo di cui soffre l’intera popolazione. Gli omicidi spesso avvengono solamente a seguito di una rapina e a questi criminali non importa chi si trovano davanti. Sfortunatamente, ogni giorno, molte persone perdono la vita per mano di questa gente.
Perché questo problema non si riesce ancora a risolvere?
Purtroppo il consumo di queste sostanze non si ferma, soprattutto negli Stati Uniti. C’è quindi un interesse per questo mercato che progredisce sempre più. Dovremmo convincere la nostra gente che il narcotraffico uccide tutti, sia i trafficanti, sia i consumatori. È un cancro, un brutto mostro, che distrugge tutto.
Come si deve reagire per debellare questa piaga?
Pregando il Signore Gesù e dialogando con le autorità. E poi con l’educazione e l’evangelizzazione. Le famiglie e soprattutto i giovani che non hanno lavoro devono avere delle alternative, delle opportunità per andare avanti: non possono studiare e così il narcotraffico diventa una tentazione senza rimedio. Lei parlava degli Stati Uniti dove tanti messicani vanno per cercare lavoro.
Ma c’è chi pensa di costruire un muro per evitare le ondate migratorie…
Il governo messicano sta provando a stringere accordi e relazioni con altri Paesi perché non si può rimanere isolati, da soli. Il muro che si vuole costruire è una vergogna, tutti i muri sono una vergogna, e non può essere una soluzione a lungo termine. Le cose sono fatte per cambiare. Oggi le cose stanno così e magari domani ci potranno essere soluzioni differenti. Il nostro obiettivo oggi è quello di rendere il Messico un Paese migliore con opportunità di lavoro per tutti quanti.