La criminalità tunisina si prende il trapanese
“Ma chistu si vidi ca cumanna!”. Un’esclamazione emblematica e che ben rende l’idea della situazione attuale a Mazara del Vallo e nei territori circostanti.
“Cumanna” in siciliano letteralmente vuol dire comandare, ma pronunciato in un certo modo il concetto è ancora più largo: con il verbo “cumannari” si indica qualcuno o qualcosa che ha il controllo su tutto, che ha una forte e profonda influenza su una singola persona o su un intero territorio.
Ed il fatto che a pronunciare questa esclamazione sia un soggetto ben inquadrato nella malavita di questa cittadina siciliana, è ancora più significativo. La frase è infatti intercettata dai finanzieri che indagano sulla tratta di migranti che arrivano dalla Tunisia e che sbarcano lungo le coste trapanesi. Le indagini danno vita alla cosiddetta “operazione Barbanera”, l’ennesima che colpisce direttamente sodalizi criminali che gestiscono l’illecito business procurato dall’immigrazione.
A “cumannari” a Mazara, come certificano i finanzieri, è un tunisino: si tratta di Moncer Fadhel, detto “Boulaya” per via della sua folta barba nera da cui prende il nome l’operazione. È proprio a lui che il ragazzo intercettato si riferisce. Nel trapanese Fadhel è in grado di costruirsi un impero da almeno tre milioni di Euro: a tanto ammontano i beni sequestrati dai finanzieri al tunisino. Tutto è frutto, secondo gli inquirenti, dei proventi illeciti che con l’organizzazione da lui guidata si procura tramite l’immigrazione clandestina con migranti che arrivano dal suo paese. Fadhel reimpiega questi soldi anche in attività commerciali, è suo ad esempio il ristorante “Belvedere” proprio a Mazara del Vallo, adesso posto sotto sequestro.
L’indagine rivela che il sodalizio di Fadhel è molto più di una “semplice” banda. Essa appare organizzata, ramificata, in grado di corrompere funzionari tunisini in patria e di far sbarcare quasi indisturbati i migranti in Italia. Ed i soldi che derivano da questa attività illegale, danno al tunisino presunto vertice di questa banda un potere che va ben oltre la gestione della tratta lungo il canale di Sicilia. Fadhel, per l’appunto, ora a Mazara “cumanna”. “A Mazara ormai ci sono solo loro, i tunisini”, prosegue il ragazzo intercettato dai finanzieri.
Una certificazione del ruolo di questa organizzazione, che adesso apre inediti scenari all’interno della malavita del trapanese. Mazara del Vallo è un centro dove, storicamente, la criminalità organizzata appare molto ramificata, specie quella ovviamente riconducibile a cosa nostra. Per di più, a pochi chilometri da qui vi è Castelvetrano, ossia la città di Matteo Messina Denaro e quindi dell’ultimo grande boss latitante della mafia siciliana. “Cumannari” a Mazara senza un contatto con la criminalità mafiosa è impossibile. Per di più, essere riconosciuti quasi come “padroni assoluti” è indice di un radicale mutamento della malavita locale. La criminalità tunisina, in particolare, adesso sembra quasi contare qui di più di cosa nostra. Probabilmente gestisce più soldi, visto che i guadagni che Fadhel riesce ad ottenere con ogni singola tratta sono da capogiro.
Le ipotesi sono quindi due: la potenza economica della criminalità tunisina è tale da spiazzare la “storica” mafia di questo territorio, oppure semplicemente cosa nostra locale è attratta dal giro di soldi dell’immigrazione e dunque, piuttosto che contrastare i tunisini, cerca di guadagnare qualcosa anche lei. Due ipotesi che in realtà potrebbero anche andare a braccetto e potrebbero essere vere contemporaneamente entrambe, tanto che tra gli arrestati delle ultime operazioni ci sono sia tunisini che siciliani.
Il punto è che il verbo “cumannari” non si usa spesso specie tra chi è organico al mondo criminale. Si parla di comando solo per chi viene riconosciuto realmente potente, qualuno quindi che ha reale e concreto controllo. E Fadhel, da quanto emerge, assieme al suo gruppo di tunisini tutto questo ce l’ha. E la criminalità del paese nordafricano potrebbe risultare molto più radicata tra il trapanese ed anche l’agrigentino di quanto non si possa pensare.
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