Battisti è un “assassino puro” Ma la sinistra l’ha protetto per anni
Cesare Battisti è stato arrestato. Alle 17 ora locale del 12 gennaio, l’Interpol ha fermato il terrorista dei Pac mentre cercava di fuggire in Bolivia. E adesso l’Italia aspetta giustizia, dopo anni di latitanza e dopo le promesse del nuovo presidente brasiliano Jair Bolsonaro, che prima di essere eletto ha confermato tutto il suo impegno per prendere Battisti e aprire le porte dell’estradizione.
Ora tutto sembra possibile. Ma con Battisti bisogna essere sempre estremamente cauti. Per troppi anni il terrorista (c’è chi lo definisce “ex” ma in fondo lo è sempre stato) ha goduto della protezione internazionale dei governi. E ogni volta che sembrava essere giunta l’ora di rientrare in Italia e pagare il conto con lo Stato, l’ex membro dei Pac si è sempre dileguato, lasciando dietro di sé una scia di legami potenti ma soprattutto di domande: perché è stato continuamente protetto?
Per capirlo, bisogna tornare indietro nel tempo, agli anni Settanta, quando il terrorismo aveva ancora una matrice puramente ideologica e la sinistra del mondo tutelava gli autori dei crimini che si rifacevano, anche solo vagamente, al marxismo. Tutto è sembrato permesso. Tutto era quasi lecito se serviva a proteggere uno di loro, che loro però non era mai stato davvero.
Così, inizia la latitanza di Battisti protetta è garantita dai salotti parigini e da quella sinistra che oggi definiremmo “radical-chic” che ha creduto di essere nel giusto mettendo al sicuro dalle patrie galere un assassino. Non bastavano i testimoni, i processi e le condanne. A quel tempo, la giustizia italiana era considerata nemica della sinistra e dell’idea e il sistema processuale una giungla fatta di “nemici del popolo”.
A questa narrazione prendono parte tutti, politici, intellettuali, attori, italiani e stranieri. A Parigi, la gauche-caviar lo pone sotto la sua ala protettrice complice la dottrina Mitterrand che difende i terroristi di tutto il mondo ritenuti perseguitati in patria. Come ricorda Panorama, “in quell’epoca, scrittori e intellettuali di mezzo mondo come Gabriel García Márquez, Fred Vargas, Daniel Pennac e Bernard-Henri Lévy facevano ancora appelli per lui. Persino Carla Bruni, all’epoca première dame di Francia, protestava la sua innocenza”.
E a nulla valgono le parole del pubblico ministero Antonio Spataro che, come riportato da Affari Italiani, di Battisti disse che era semplicemente “un assassino puro”e che fosse “assolutamente ridicolo e falso che siano stati accertati, nel caso Battisti, casi di tortura. Subito dopo l’omicidio del gioielliere Torregiani, fu individuato uno degli autori del fatto. Due suoi parenti e alcuni degli arrestati resero dichiarazioni fondamentali a carico degli assassini che, però, cercarono di ritirare due giorni dopo affermando che erano state loro estorte con torture. I giudici che si occuparono del caso, e non io, accertarono facilmente che quelle denunce erano false e strumentali”.
Ma queste dichiarazioni non sono bastate. E il terrorista rosso ha continuato a essere difeso per anni da larga parte dell’intelligenzia di sinistra, assuefatta dalla possibilità di difendere un ideologo perseguitato. No: era semplicemente un assassino. Un criminale comune che solo in carcere, a Udine, si avvicina alla sinistra radicale. Ma tanto basta per farne una sorta di martire che dal 1991 al 2004 ha goduto dalle tutela della giustizia francese.
Un mistero, se non una vera e propria arma di ricatto contro l’Italia, finito poi in Brasile. E qui, stessa questione: la sinistra internazionale continua a difenderlo e Lula da Silva e Dilma Rousseflo elevano a vero e proprio simbolo della rivoluzione. La giustizia brasiliana ha le mani legate: i presidenti firmano decreti per tenerlo in Brasile e bloccare qualsiasi tentativo di estradizione. E anche la Corte suprema ribadisce che solo un presidente può cambiare la decisione di un suo precedessore. E ora è tutto nelle mani di Jair Bolsonaro.