Ecco le sanzioni che rischiano i sindaci contro il dl Sicurezza
La rivolta dei sindaci buonisti contro il decreto Sicurezza potrebbe avere conseguenze serie per i primi cittadini stessi.
Il Viminale ha ricordato che i prefetti sono tenuti a denunciare i sindaci che non rispettano la legge e anche diversi costituzionalisti (ben al di fuori della politica) hanno bocciato l’armata di dissidenti. Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, per esempio, ricorda: “I Comuni sono tenuti a uniformarsi alle leggi”.
Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, è stato il primo dei disobbedienti ad annunciare con una direttiva di aver sospeso l’applicazione del decreto Immigrazione nella sua città, sollevando dubbi sulla sua costituzionalità. Orlando ha ottenuto il plauso di altri colleghi, che lo hanno seguito a ruota nella crociata contro il dl Sicurezza e contro Matteo Salvini. Le altre fasce tricolori sugli scudi sono Luigi De Magistris (Napoli), Dario Nardella (Firenze) e Federico Pizzarotti (Parma), Marco Alessandrini (Pescara) e Giuseppe Falcomatà (Reggio Calabria).
Ecco, il reato che potrebbe essere contestato loro è quello l’abuso in atti di ufficio, aggravato dal fatto che i sindaci sono anche ufficiali di governo. I prefetti, inoltre, come accadeva in passato con i registri delle unioni civili, hanno la facoltà di annullare l’atto dell’ufficio comunale. E non è tutto, perché se il decreto non viene rispettato, oltre alla denuncia di abuso d’ufficio, il comune rischia anche la revoca dei finanziamenti governativi per l’accoglienza (Sprar), in nome del principio della responsabilità contabile degli enti locali.
Insomma, se la disobbedienza dovesse inasprirsi e arrivare fino in fondo, si potrebbe aprire un intricato contenzioso tra Stato e Comuni, con la possibilità che qualche giudice possa sollevare la questione di legittimità costituzionale del decreto Sicurezza stesso.
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