Renzi invisibile non lo guarda più nessuno. L’uomo del 41% sparisce come conduttore
Non porterà via il lavoro ad Alberto Angela, ma pare più bravo nelle vesti di presentatore televisivo che di segretario di partito.
Almeno, in questi panni, non crea (grossi) danni. Matteo Renzi sabato sera, dopo molto battage pubblicitario e tante polemiche preventive, ha esordito con il documentario dedicato alla sua Firenze. A leggere i numeri, all’apparenza, si direbbe un grande flop: solo 367.000 spettatori per uno share dell’1,8 per cento. Da un nome altisonante come il suo, da lui che è stato premier e che al massimo splendore aveva il 40 per cento del voto degli italiani, non ci si aspetta di scendere a meno del due per cento di apprezzamento.
Però, analizzando bene i dati, bisogna sottolineare che, nell’ambito della rete che ha trasmesso il documentario, il canale «Nove», non si tratta per nulla di un disastro. Anzi, Firenze secondo me ha realizzato più della media di rete che è intorno al’1,6 per cento. Bella forza, si dirà, ci mancherebbe che crollasse ancora sotto, ma anche: su una tv così piccola nulla può fare il 30 per cento di share, meno che mai un documentario, non certo il Grande Fratello.
È vero che Alberto Angela realizza anche il 15/20 per cento di share e se Renzi fosse stato ospitato da Mediaset o dalla Rai i risultati probabilmente sarebbero stati diversi. Però sulla Tv di Stato non avrebbe potuto trovare spazio in quanto senatore, mentre con Mediaset non si è trovato l’accordo.
Alla fine, a Renzi è rimasto il Nove. Un vero e proprio flop, tanto per intenderci, è stato quello di Saviano che, sulla stessa rete di Discovery, con le sue interviste è sceso persino sotto l’uno per cento.
Il vero mistero resta perché Renzi si sia cimentato in questa impresa, da cui aveva tutto da perdere e non si sa quanti soldi da guadagnare. L’amore per Firenze, città di cui è stato sindaco e da cui ha lanciato la sua avventura politica, non basta a giustificare gli sberleffi certi a cui andava incontro. Come rimane pure un giallo perché Lucio Presta, il re degli agenti televisivi che tramuta in oro ogni show, abbia deciso di accontentare l’amico fiorentino nella suddetta impresa e produrre la serie (in quattro puntate) con la sua Arcobaleno Tre.
Sta di fatto che secondo gli esperti, come presentatore Renzi ha davanti una carriera: la sua capacità affabulatoria, la sua dimestichezza con le parole, la sua naturalezza davanti al video ne fanno un ottimo presentatore, quasi un incrocio tra Angela figlio e Giacobbo. E il documentario, nonostante le ovvietà dei programmi divulgativi per rendere il prodotto accessibile a tutti gli spettatori che non sono storici dell’arte, era ben realizzato, molto curato, approfondito e spettacolare – ci mancherebbe altro – per le immagini.
Tra gli spunti avvincenti il mistero della Battaglia di Anghiari, l’affresco «nascosto» di Leonardo da Vinci a Palazzo Vecchio. Insomma, Renzi pare aver trovato un lavoro perfetto per lui: può parlare all’infinito senza render conto di quel che dice agli elettori, ai reggenti del partito, ai candidati segretari e neppure… a Berlusconi.
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