Moschee, c’è il piano leghista che mette nei guai i 5 Stelle
Moschee, imam, finanziamenti ai centri religiosi. Dopo il decreto sicurezza, la Lega mette in agenda per gennaio un altro cavallo di battaglia: il giro di vite sui centri islamici.
E facendolo, mette in conto un possibile braccio di ferro con gli alleati-avversari del Movimento 5 Stelle. I grillini sono in sintonia con un pezzo dell’islam organizzato, anche per le loro uscite su Usa e Israele, mentre Matteo Salvini non perde occasione per dichiararsi amico dello Stato ebraico, dove oggi e domani è in visita ufficiale (in piazza Del Popolo sabato sventolava una bandiera israeliana, mentre a Torino coi No-Tav e i grillini molti hanno notato quelle palestinesi).
Sulle moschee, il contratto di governo controfirmato dai due partiti prevede un intervento, ma la Lega va oltre: e a tutti gli effetti ha messo a punto un giro di vite che punta a stroncare l’integralismo. Sono tre i disegni di legge depositati, solo dal Carroccio: due al Senato con primo firmatario il capogruppo Massimiliano Romeo e uno alla Camera presentato – a fine marzo – da Guido Guidesi, oggi sottosegretario. Romeo è brianzolo, già capogruppo regionale lombardo, Guidesi lodigiano e vicino a Giancarlo Giorgetti. E lombardo è anche il cuore di questo disegno. Guidei si occupa del fiume di denaro in arrivo dai Paesi islamici, e citando in premessa le leggi regionali di Lombardia e Veneto, punta a introdurre paletti ai finanziamenti, con due norme molto semplici: i centri devono pubblicare i bilanci alla Camera di commercio, e possono ricevere fondi solo da persone o enti residenti in Italia. Romeo affronta due questioni: per gli imam prevede non solo l’uso della lingua italiana, ma una dichiarazione obbligatoria in cui rigettino ogni attività illecita, o incostituzionale, o contraria alla dignità della persona (in particolare l’infibulazione) ripudiando ogni discriminazione fra uomo e donna. Gli imam che non aderiranno a questa professione di lealtà costituzionale saranno passibili di sanzione penale (un anno e sei mesi di reclusione o multa fino a 6mila euro). L’altro disegno a prima firma Romeo affronta la questione dal lato dell’urbanistica, prendendo ad esempio proprio la «via lombarda», la cosiddetta legge anti-moschee, di cui il capogruppo è stato uno dei massimi artefici. Per le confessioni che non abbiano intese con lo Stato, proprio come quella islamica, il disegno affida alle Regioni il potere di autorizzare la realizzazione di nuovi luoghi di culto, a condizione che sia indicato l’elenco dei finanziatori. Ma il testo prevede anche il referendum comunale, e questo sarà un punto critico, dal momento che la consultazione è stata eliminata dal contratto di governo ultima versione dopo essere stata prevista in una precedente stesura. Lega e Fratelli d’Italia hanno sempre chiesto i referendum, ma i musulmani l’hanno sempre considerato incostituzionale. Un’altra norma prevede che centri già esistenti si adeguino entro tre anni alle regole regionali.
Il fatto che il modello sia quello lombardo, e che si deleghi tutto alle Regioni, sarà motivo di grande imbarazzo per i 5 Stelle, che contro la legge «anti-moschee» hanno fatto fuoco e fiamme, dipingendola come un «capolavoro di paranoia legislativa», propagandistica, discriminatoria, «di retroguardia», tanto da presentare pregiudiziali di incostituzionalità. Un consigliere grillino l’ha chiamata «un pastrocchio urbanistico che viola le competenze statali, viola la Costituzione e crea enormi problemi». Addirittura, i grillini avevano scelto come alleati i centri islamici di Milano (il Caim) da sempre bestia nera non solo del centrodestra, ma di chi spera in un islam diverso.
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