Il reddito M5s diventa mancia. Massimo 500 euro a famiglia
«Non c’è mai mai mai stata neanche per un secondo l’ipotesi di far scendere a 500 euro il reddito di cittadinanza.
Sempre 780 euro». Ieri pomeriggio fonti di governo hanno negato l’ipotesi presentata dal Sole 24 Ore sulla base di indicazioni provenienti dai tecnici del ministero del Lavoro circa la rimodulazione del sussidio che entrerà in un collegato alla manovra da presentare dopo Natale. «Il reddito di cittadinanza come è partito così arriva», ha aggiunto il vicepremier Luigi Di Maio per smentire una volta in più un’eventuale retromarcia.
La ricostruzione del quotidiano economico-finanziario, tuttavia, pare più rispondente alla necessità di trovare un punto d’incontro con la Commissione Ue per evitare la procedura d’infrazione. Depotenziare la misura, in buona sostanza, è un imperativo. Secondo il dossier del ministero, quindi, l’importo medio mensile di reddito e pensione di cittadinanza dovrebbe attestarsi a 500 euro per nucleo familiare, per un totale di 1,7 milioni di famiglie, raddoppiando le risorse rispetto al Rei (reddito di inclusione) che eroga un beneficio medio di circa 250 euro per nucleo. È chiaro, però, che la promessa dei 780 euro mensili per richiedente, sarebbe totalmente disattesa con conseguenze facilmente immaginabili per i Cinque stelle che dovrebbero vedersela con un elettorato meridionale deluso alla vigilia delle Europee.
Modulati in cotal guisa, tuttavia, il reddito e la pensione di cittadinanza sarebbero garantiti per 9 mesi (dunque da aprile 2019) per una spesa massima di 7,65 miliardi, 350 milioni in meno degli 8 miliardi stanziati per i due provvedimenti dalla legge di Bilancio (un altro miliardo andrà alla riforma dei centri per l’impiego). Considerato che non tutte le provvidenze sarebbero erogate da aprile se le richieste fossero effettuabili da marzo, i tecnici del ministero hanno stimato un risparmio di 2,25 miliardi sul 2019, circa la metà dei 5 miliardi di deficit in meno che Bruxelles ha richiesto e che il premier Conte e il ministro dell’economia, Giovanni Tria, vorrebbero concedere.
Le dichiarazioni rilasciate ieri da Di Maio hanno, tuttavia, confermato un cambiamento rispetto al passato. Il reddito di cittadinanza, ha sottolineato, «è una misura di politiche attive del lavoro che tra l’altro darà sgravi alle imprese che assumeranno dalla platea del reddito di cittadinanza». Se un’impresa assume chi prende il reddito, «avrà uno sgravio fiscale pari al reddito di cittadinanza» percepito dal neoassunto per tre mesi, che diventano sei quando si ingaggiano donne e disoccupati di lungo periodo.
La soglia di accesso dovrebbe essere fissata in un Isee non superiore a 9.360 euro (i 780 euro mensili che rappresentano la soglia di povertà stabilita dall’Istat). Il patrimonio immobiliare, inoltre, non potrà superare i 30mila euro oltre la prima casa di proprietà, mentre quello mobiliare non dovrà essere superiore a 10mila euro per famiglie con più figli. Sono stati «tagliati» rispetto alla versione originaria del provvedimento, conclude Il Sole, anche i coefficienti per determinare l’aumento dell’assegno in base al numero dei componenti della famiglia, fissati a 0,4 in più per ogni adulto e 0,2 in più per ogni minore. Non è proprio quello che prometteva l’M5s.