Facebook all’attacco di Soros. Ma adesso Zuckerberg trema
Nuovo capitolo nell’indagine del New York Times secondo cui Facebook avrebbe indagato su George Soros.
Adesso, la testata americana ha rivelato che sarebbe stata direttamente Sheryl Sandberg, la numero due del social network, ad aver chiesto di indagare sul magnate ungherese. La versione del quotidiano americano smentisce quindi quanto detto da Sandberg il 21 novembre, che aveva detto di essersi occupata dell’indagine solo in un secondo momento.
L’inchiesta del New York Times è stata pubblicata il 14 novembre. Secondo il Nyt, Mark Zuckerberg e la coo Sheryl Sandberg sapevano tutto della presunta campagna di disinformazione russa durante le elezioni presidenziali del 2016. E sapevano perfettamente anche degli errori nella gestione della privacy degli utenti. Ma non hanno fatto nulla. Tra queste condotte, vi sarebbe stata anche la volontà di Facebook di screditare Soros. E il gruppo avrebbe assoldato la Definers Public Affairs, una società di analisi, a questo scopo collegando Soros a una serie di nomi di attivisti.
All’inizio, Facebook si è trincerato nel silenzio. Poi ha fornito una prima versione: la Definers era stata assoldata nel 2017 come parte dell’attività di lobbying e aveva raccolto anche informazioni su Soros. Ma senza scopo di denigrazione. Siccome durante il World Economic Forum, Soros aveva definito il social network “una minaccia“, Ellio Schrage ha scritto che “volevamo capire se avesse qualche motivazione finanziaria“.
Il 21 novembre, la Sandberg si prende la “piena responsabilità” per quanto accaduto, ma sostanzialmente scarica le colpe su Schrage, che in questo modo alleggerisce la posizione della superiore. “Quando ho letto la storia sul New York Times la settimana scorsa, non ricordavo un’azienda chiamata Definers. Ho chiesto al nostro team di esaminare il lavoro che ha svolto per noi“. L’ultimo articolo del New York Times, però, smentisce questa versione data dalla Coo. Perché sarebbe stata Sandberg a chiedere di investigare sulle attività di Soros.
Zuckerberg, appena uscita l’inchiesta, si è subito scusato con Soros parlando di un attacco da parte della testata americana. Ma adesso, vista anche l’importanza a livello finanziario e politico dello speculatore di origini ungheresi, la questione rischia di essere molto più pericolosa per l’azienda. Gli attacchi continuano e in queste ore è arrivata un’altra inchiesta, del Wall Street Journal, secondo cui Facebook avrebbe chiesto soldi alle applicazioni internet per accedere ai dati degli utenti, violandone la privacy. Un nuovo assedio.