Catturato militante dell’Isis. Voleva avvelenare l’acqua
Preparava un ordigno chimico-biologico per avvelenare falde acquifere, serbatoi o acquedotti.
Alhaj Ahmad Amin, 38 anni, libanese di origine palestinese, arrestato ieri dalla Digos di Cagliari e Nuoro, aveva come obiettivo l’acquedotto che serve la caserma dell’Esercito del 5° Genio Guastatori della Brigata Sassari, a Macomer.
Ma lo straniero è finito in manette su disposizione del Servizio per il Contrasto all’estremismo e Terrorismo Esterno della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione-Ucigos, per associazione con finalità di terrorismo internazionale, perché accusato di appartenere all’autoproclamato stato islamico e di aver pianificato «un’azione ostile» in Sardegna con utilizzo di materiale tossico.
L’operazione, diretta dalla Dda di Cagliari in collaborazione con la Direzione Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo, ha preso le mosse alcune settimane fa dalla notizia, ripresa dalla stampa mediorientale, dell’arresto in Libano di un militante di Daesh, che aveva pianificato l’avvelenamento con la «ricina» di una cisterna d’acqua da cui si riforniva una caserma dell’esercito libanese. Il progetto sarebbe stato supportato dal «cugino», presente in Italia, il quale avrebbe dovuto realizzare lo stesso progetto in Europa. E il «cugino» sarebbe proprio Amin, per il quale il gip del tribunale sardo ha firmato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. I sospetti su di lui si sono concretizzati dalle perquisizioni effettuate, in particolare l’esame tecnico del suo smartphone, che ha permesso di reperire molto materiale riferibile al sedicente Stato islamico e al suo califfo Abu Bakr Al-Baghdadi, nonché una vastissima letteratura e documentazione relativa a sostanze venefiche letali come le aflatossine B1 e il metomil, un pesticida potentissimo che Amin ha tentato a più riprese di acquistare su siti di e-commerce.
Ancora in corso, invece, le analisi della polizia scientifica di Cagliari su alcuni campioni di sostanze in suo possesso. I raccordi operativi con le autorità libanesi sono stati curati direttamente dal Direttore Centrale della Dcpp-Ucidos il quale, con il supporto del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia/Interpol, ha condotto nei giorni scorsi una missione a Beirut. Il 38enne catturato viene descritto dagli inquirenti come una persona particolarmente introversa, in Sardegna con regolare documento di soggiorno visto che lì abita la moglie, di origine marocchina, non coinvolta nelle sue attività. Per mesi è stato monitorato: non ha mai lavorato e riceveva un assegno di sussidio familiare. Negli ultimi giorni aveva prelevato tutti i suoi risparmi, 5.700 euro e si era attivato per cercare in casa il suo passaporto, che non riusciva a trovare. Queste due circostanze avrebbero spinto gli inquirenti ad accelerare la loro attività procedendo all’arresto.
Tenuto conto della pericolosità del soggetto, l’arresto è stato effettuato con il supporto di una squadra operativa del Nocs, che ha bloccato il libanese alla guida di un furgone a Macomer. Il blitz è scattato dopo un lungo pedinamento: impegnati mezzi speciali, unità cinofile e numerosi uomini che hanno monitorato e delimitato il territorio prima di intervenire in sicurezza.
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