L’ultimo tango sul #metoo
Più il tempo passa, meno si capisce cosa sia o sia stato il movimento noto come #metoo.
Una fiammata di autentico femminismo? Un regolamento di conti in cui pochi sono innocenti? Una moda passeggera? Ieri sono state cantate le lodi di Bernardo Bertolucci. Giustissimo. È stato un grande regista, capace di passare dalla nouvelle vague per cinefili ai kolossal hollywoodiani come L’ultimo imperatore (nove Oscar). Pagine e pagine di giornale hanno scavato in ogni aspetto dell’artista e dell’uomo. Stranamente, però, nessuno ha esaminato da una prospettiva «femminista» il famigerato caso della sodomia con burro di Ultimo tango a Parigi (1972). Bernardo Bertolucci ha spiegato che voleva ottenere una vera reazione dall’attrice Maria Schneider. L’idea fu di Brando. Il regista non ne parlò con la protagonista femminile. Che si trovò a subire uno «stupro» (simulato ma molto realistico) davanti alla telecamera. La scena è terribile, la donna è umiliata da un Brando in piena decadenza. Il film entrò nella storia. Schneider ne rimase segnata per sempre. Disse di essere stata «quasi violentata» e di aver subito un grave choc emotivo. Fuggì dal set di Caligola (1979) di Tinto Brass per non doversi spogliare e finì in ospedale psichiatrico. Negli anni successivi cadde nella tossicodipendenza, vizio che attribuì esplicitamente a quella scena di Ultimo tango a Parigi. Morì nel 2011. La storia è stata raccontata in mille modi: avevano firmato un contratto, la scena era prevista nella sceneggiatura (non il burro), l’amplesso era totalmente finto. Sono dettagli. Di fatto, il film ha distrutto una donna che ha subito un abuso, poiché era all’oscuro di cosa l’attendeva sul set. Nel 2013, Bertolucci disse di sentirsi in colpa ma di non essere pentito perché l’arte ha un obbligo di verità. In un’epoca così attenta allo sfruttamento del corpo della donna e alle pari opportunità, era lecito aspettarsi qualche commento che mettesse il dito nella piaga e ricordasse la triste sorte dell’attrice per giunta alle prime armi. Invece pare che il suo sacrificio sull’altare di un film sia cosa da poco o addirittura trascurabile. Le moraliste, pronte a scendere in campo contro i registi poco rispettosi prima, durante e dopo le riprese, questa volta si sono astenute. Giusto qualche mezza parola qua e là. Insomma, il cannolo della pubblicità di Dolce e Gabbana è sessista, lo stupro di Maria Schneider invece no, perché c’è di mezzo Bertolucci. Bella ipocrisia. I moralisti hanno fatto anche di peggio. Il capolavoro è senz’altro l’articolo vergato da Walter Veltroni per il Corriere della Sera. L’ex segretario del Partito democratico riesce a scrivere la seguente frase: «Gli piaceva la libertà. La libertà dei corpi e dei sentimenti di Ultimo tango a Parigi». Ma certo Walter, vallo a dire a Maria Schneider.