Ilaria Salis ospite di Fazio difende le occupazioni: “I movimenti occupano case pubbliche abbandonate”

L’europarlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra, Ilaria Salis, ha recentemente condiviso la sua esperienza di detenzione in Ungheria durante un’intervista a Fabio Fazio nel programma “Che tempo che fa” sul Nove. Con una denuncia accorata, Salis ha descritto le condizioni del suo carcere, definendo il procedimento giudiziario a suo carico come un chiaro esempio di strumentalizzazione politica.

Salis, che ha trascorso 15 mesi in carcere preventivo senza prove concrete a sostegno delle accuse, è attualmente sotto processo per il presunto pestaggio di due neonazisti. Tuttavia, l’europarlamentare sostiene che le accuse siano infondate e parte di una strategia del governo ungherese guidato da Viktor Orbán: “Se ci fossero stati elementi a fondamento di queste accuse, il processo si sarebbe concluso molto prima”, ha affermato, sottolineando come la sua detenzione sia stata utilizzata come strumento di repressione.

Dopo la sua elezione al Parlamento europeo, Salis è stata liberata e il processo è stato sospeso, ma la questione non è ancora risolta. Infatti, il governo ungherese ha richiesto la revoca della sua immunità parlamentare, continuando a colpirla con pesanti narrazioni che la dipingono come una “delinquente” e “terrorista”. “Il governo Orbán tollera manifestazioni come la Giornata dell’Onore, una celebrazione di uniformi, striscioni e slogan nazisti”, ha aggiunto, evidenziando l’ipocrisia della situazione.

Durante l’intervista, Salis ha anche criticato il sistema carcerario, descrivendo il carcere come un luogo progettato per “annientare l’essere umano”. Ha fatto appello per un ripensamento delle politiche di detenzione, suggerendo che siano necessarie alternative al carcere per affrontare le problematiche sociali. Ha toccato anche il tema delle occupazioni, denunciando la narrazione distorta che presenta chi aiuta i senza tetto come colpevole di sottrarre case ad altri. “Spesso si tratta di edifici pubblici abbandonati, destinati proprio a chi ne ha bisogno”, ha chiarito.

In chiusura, Salis ha presentato il suo libro in uscita, “Vipera”, scritto in collaborazione con il suo assistente parlamentare Ivan Bonnin. Il titolo, ha spiegato, porta con sé diverse connotazioni legate alla sua esperienza di detenzione, rivelando che, mentre era nelle mani della polizia ungherese, aveva inizialmente scambiato la parola “Vipera” per un insulto, scoprendo solo in seguito che in ungherese si riferisce a un “bastone telescopico”.

Il caso di Ilaria Salis continua a generare dibattito sia in Ungheria che in Europa, mentre il Parlamento europeo si prepara a decidere sulla richiesta di revoca della sua immunità. La sua storia solleva interrogativi cruciali sui diritti umani, la libertà di espressione e la politica in un contesto europeo sempre più complesso.

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