Proiettile e minacce di morte a Salvini e a chi denunciò le Ong
“Noi abbiamo solo denunciato una situazione fuori controllo”. Al telefono con ilGiornale.it Pietro Gallo è “preoccupato” e “dispiaciuto”.
Allarmato per le minacce di morte ricevute per posta. Amareggiato, invece, per la poca considerazione dimostrata dallo Stato nei confronti “di chi ha permesso che venisse a galla il caos che c’era nel Mediterraneo” ai tempi delle Ong.
La missiva in busta gialla è arrivata tre giorni fa in cassetta della posta. A riceverla uno dei componenti della security salita a bordo della Vos Hestia dalle cui dichiarazioni nacque l’inchiesta della procura di Trapani sulle Ong. Le loro rivelazioni portarono al sequestro della Iuventa e a una valanga politica che investì le organizzazioni non governative. Le intimidazioni sono rivolte al ministro Salvini, a Pietro Gallo e altri due soggetti. Uno di loro preferisce non apparire per “evitare di allarmare la famiglia”.
In fondo è già preoccupante il fatto che siano riusciti a rintracciare (come?) l’indirizzo dell’abitazione. Nel testo si legge: “Merde, merde, merde. 2018 = 1800 morti. Salvini Matteo – morto. M.L. – morto. S.S. – morto. Gallo Pietro – morto”. Il significato di quel “2018=1800 morti” sembra chiaro: “Si riferiscono ai decessi dei migranti in mare”, spiega al Giornale.it Gallo salito a bordo col ruolo di “rescue swimmer”. “Ma noi cosa c’entriamo con tutto questo? Non siamo noi i responsabili”
Ad oggi già due denunce sono state presentate agli uffici della Digos a Firenze e a Roma. “Nel settembre del 2016 – si legge nel verbale – facevo parte dell’equipaggio della nave ‘Save The Children‘ che operava nel Mediterraneo per effettuare ricerche e prestare soccorso alle imbarcazioni di profughi provenienti dalle coste libiche”. È in quel periodo che “abbiamo di nostra iniziativa informato i servizi di sicurezza Aise tramite relazione di quanto accadeva (…) e successivamente notiziato la segreteria del ministro dell’Interno Salvini”.
Una volta sbarcati a Trapani, denunciarono il fatto alla polizia e scoperchiarono il vaso di Pandora delle Ong. “Ci siamo recati dalla Squadra Mobile della Questura – si legge ancora nel verbale – e abbiamo rilasciato delle dichiarazioni che alla fine del loro iter hanno portato nel 2017 al sequestro della nave Iuventa e all’indagine a carico di circa 20 persone”.
Molto si è detto e scritto sui componenti della security di Vos Hestia. Alcuni li hanno definiti “spioni”, altri “infiltrati”, altri ancora simpatizzanti di destra. Loro rigettano queste definizioni. “Se non ci fossimo stati noi, nessuno avrebbe detto nulla”, spiega Gallo. “Eppure c’erano la Guardia Costiera, la Guardia di Finanza…Tutti sapevano tutto. Ma nessuno parlava”. Perché? “Perché era scomodo farlo”.
Qualche esempio: “Ci svegliavamo la mattina con 20-30 barchini intorno pieni di persone da salvare”, racconta Gallo. “I migranti dichiaravano di avere 17 anni quando era chiaro a tutti ne avessero almeno 25. Eppure venivano registrati come minori non accompagnati”. E ancora: “Ho dovuto litigare con gli scafisti perchè volevano indietro i gommoni appena usati. Poi chiamavano in Libia e arrivavano altre imbarcazioni. Era un traffico”. E quelli delle Ong? “Filmavano e sapevano tutto. Non volevano che alcuna informazione uscisse dalla nave senza la loro approvazione. Un mondo a parte”.
Prima di questa lettera minatoria, né Gallo né l’altro addetto avevano mai ricevuto intimidazioni. Perché proprio ora? “Ce lo siamo chiesti”, ammette Gallo. Ma al momento non esistono risposte. Resta invece la “paura” per quel proiettile e un po’ di scoramento. “Ci siamo pentiti di aver denunciato quanto visto nel Mediterraneo – ammette Gallo – Siamo stati messi da parte. Da un anno e mezzo mi hanno tolto i telefoni, pure quelli dei miei figli. Mi hanno perquisito casa, i miei dati erano su tutti gli atti dell’inchiesta e sono finiti sui giornali. Non riesco più neppure a lavorare sulle navi: se mi stavo zitto era meglio”.
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