Avvertimento alla Commissione: “Bocciare la manovra mette a rischio l’Ue”

La Commissione europea, con l’Italia, sta giocando “un gioco pericoloso“. È questo il pensiero di Steve Ohana, economista francese della Escp School e che Antonio Grizzuti ha intervistato per La Verità.

Il giudizio di Ohana, professore di finanza estremamente critico con le politiche europee, è molto schietto. La formazione del governo Lega-5 Stelle ha messo la Commissione di fronte a un dilemma impossibile da risolvere. “Non reagire alla manovra italiana avrebbe significato una grossa perdita di credibilità per la Commissione e, più in generale, per le istituzioni continentali. Una mossa che, di fatto, avrebbe consegnato la vittoria a Matteo Salvini nella sua lotta per cambiare lo status quo europeo, in vista delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo che si svolgeranno a maggio del 2019“.

Ma la manovra, a detta di Ohana, non è stata sbagliata. La Commissione non poteva accoglierla in maniera positiva. Ma le condizioni dell’economia italiana non permettono ulteriori restrizioni di bilancio. E innalzare il deficit al 2,4% potrebbe essere l’unica soluzione per far ripartire l’economia. “L’economia non sta marciando come dovrebbe e il cosiddetto ‘output gap’ (la differenza tra Pil potenziale e Pil reale) è molto ampio – spiega il professore aLa Verità -. Il Pil reale, infatti, è inferiore ancora del 5% rispetto ai livelli pre crisi. Inoltre, dall’inizio dell’anno ci sono chiari segnali di un rallentamento economico a livello europeo“. Proprio per questo motivo, Ohana ritiene che la scelta del governo Conte sia andata nella direzione giusta.

Il problema però è che le regole dell’eurozona hanno creato un vero e proprio tunnel da cui è difficile vedere l’uscita. In qualsiasi caso, non esistono soluzione valide perché se applicar meramente le regole del Patto di stabilità aggraverebbe ancora di più la crisi. Ma violare costantemente le regole da parte dell’Italia, spiega Ohana, come nel caso della manovra, è molto rischioso per un Paese che non può emettere debito sovrano utilizzando una propria valuta. Tanto è vero che l’economista francese, pur apprezzando le scelte del governo italiano, mette in guardia dal proseguire lo scontro con Bruxelles che “potrebbe avere come conseguenza l’aumento dei rendimenti sul mercato del debito, un indebolimento del settore privato e dei bilanci delle banche oltre che una zavorra per l’erogazione di nuovo credito, per la crescita e per l’occupazione“.

E se la strategia italiana fosse quella di costringere l’Europa a cacciare l’Italia dall’euro? Secondo Ohana, questa possibilità non così remota. Ma le conseguenze potrebbero essere molto pericolose. Ma per adesso anche la Commissione sta assumendo dei rischi non indifferenti: “La decisione di bocciare la manovra italiana mette in pericolo nel breve termine l’esistenza stessa della Commissione. Da un punto di vista politico, le severe regole fiscali sono già di per sé molto impopolari tra i Paesi latini e mancano di legittimazione democratica. Oltretutto, è arduo giustificare il fatto che il deficit francese (che è previsto arrivare al 2,8% con un avanzo primario strutturalmente negativo) rispetti le regole mentre quello italiano (al 2,4% con un avanzo primario che dura ormai da 25 anni) non lo faccia“.

Ma cosa succederebbe in caso di una Italexit, cioè di un’uscita dell’Italia dall’Unione europea? “A livello finanziario, vista la natura sistemica del debito italiano (2.300 miliardi detenuti da grandi banche, fondi di investimento e compagnie assicurative di tutto il mondo), una Italexit provocherebbe una crisi finanziaria di portata mondiale alla stregua di quella che seguì il fallimento di Lehman Brothers. Ma l’ impatto sarebbe ancora maggiore della bancarotta di Lehman, considerata la grandezza del debito italiano (quattro volte maggiore di quello della banca americana nel 2008), e in virtù delle maggiori difficoltà nel contesto internazionale rispetto a dieci anni fa. Un salvataggio del sistema finanziario, perciò, sarebbe molto più difficile oggi rispetto al 2008” conclude Ohana.

Il problema però è che l’euro appare una moneta sempre più debole e incapace di garantire la stabilità necessaria per far ripartire l’economia dei Paesi che hanno subito maggiormente la crisi. “L’euro è frutto di una unione monetaria incompleta, visto che non si è realizzata né l’ unione bancaria né tanto meno quella fiscale. Sono assenti, inoltre, gli altri strumenti tipici di un’unione monetaria, come i trasferimenti fiscali oppure uno schema comune di assicurazione dei depositi. Se la coalizione italiana non dovesse riuscire nell’intento di abbandonare questo sistema disfunzionale, è solo questione di tempo perché un altro Paese lo faccia, preparando lo strada anche per gli altri Stati membri“.

il giornale.it

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