Manovra, l’Italia è accerchiata. I sovranisti Ue: vi puniremo
Più che dei nemici, Matteo Salvini dovrebbe cominciare a preoccuparsi degli amici. L’austriaco ministro delle Finanze, Hartwig Loeger, è uno di questi.
Un populista dell’ultradestra con stimmate sovraniste, ma a giorni alterni. Con l’Italia, Herr Loeger si è riscoperto difensore delle sacre regole di Maastricht al punto di chiederne l’impeachment economico visto che Roma non ne vuol sapere di cambiare i connotati alla legge di Bilancio. «Più che mai dobbiamo pretendere disciplina, non si tratta solo di una questione italiana, ma di una questione europea», ha detto. Poi, l’affondo: «L’Italia corre il rischio di scivolare verso uno scenario greco. Se non modifica la manovra mi aspetto che la Commissione mantenga la sua politica ferma e rigorosa e prenda le necessarie misure successive». Tradotto: che apra una procedura d’infrazione, con una possibile coda velenosa fatta di sanzioni pecuniarie fino a un ammontare di 9 miliardi di euro.
Quella di Vienna non è una voce isolata. Attorno all’Italia stanno convergendo le armate di quanti pretendono da Bruxelles il pugno di ferro. Un accerchiamento alla Risiko, quando non ti salva nemmeno un buon lancio di dadi. C’è anche l’Olanda a far la voce grossa: «Questo bilancio – avverte il ministro delle Finanze, Wopke Hoekstra – non soddisfa gli accordi che abbiamo stipulato in Europa. Ho grandi preoccupazioni al riguardo. Spetta ora alla Commissione europea prendere dei provvedimenti». Non mancano poi le stilettate del vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovkis («Questi piani italiani sono controproducenti per l’economia italiana stessa»), né l’immancabile tackle del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann ( «Il governo italiano è legittimato ad aumentare la spesa pubblica, ma a condizione che non ne derivi un onere più elevato sul debito»).
La tensione è dunque ormai oltre i livelli di guardia. Ma Salvini non fa nulla per allentarla: «Se proveranno a mettere sanzioni contro il popolo italiano, hanno capito male. Noi vogliamo difendere il diritto a sicurezza, lavoro e salute degli italiani». La procedura d’infrazione appare, a questo punto, scontata. Dovrebbe scattare il prossimo 22 gennaio, una volta portato in discussione il tema nel consiglio della Commissione e ottenuto, attorno ai primi di dicembre, il parere dell’Ecofin. Col nuovo anno, l’Italia potrebbe quindi vedersi sventolare sotto al naso il cartellino giallo per disavanzo eccessivo e poi (ma potrebbero volerci mesi) finire nella tagliola delle sanzioni economiche, un procedimento finora mai applicato nell’ultra-decennale storia dell’Unione. Nel 2016 Spagna e Portogallo rischiarono una multa pari allo 0,2% del Pil, poi tolta dopo l’accettazione da parte di Madrid e Lisbona di ricalibrare i conti pubblici. Una sanzione di analogo ammontare costerebbe all’Italia circa 3,5 miliardi, ma potrebbe salire fino a 9 miliardi se l’ammenda fosse pari allo 0,5% del Pil. Difficile ipotizzare che Bruxelles possa chiudere il dossier Italia in un cassetto fino alle elezioni europee in maggio: la reazione dei mercati potrebbe essere violenta. E nessuno, nell’Unione, vuole correre il rischio di un contagio propagato dall’Italia all’intera area. Ieri, la reazione delle Borse è stata tutto sommato composta nonostante il fuoco di sbarramento contro la legge Finanziaria: lo spread tra Btp e Bund tedesco ha chiuso a 313 punti, nove in più di martedì e dopo un picco a quota 317, mentre Piazza Affari è scesa dello 0,78%.
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