Sanità: se lista d’attesa va oltre 60 giorni si può andare in privato pagando solo il ticket (ma lo sanno in pochi)
Esami con liste d’attesa lunghe? Come chiedere e ottenere la scorciatoia in ospedale
Che fare se, dopo aver pagato il ticket, ci dicono che, per una visita specialistica in ospedale, i tempi di attesa sono lunghi?
Che possiamo fare se, per eseguire una risonanza magnetica, una tac o una ecografia dobbiamo aspettare diversi mesi, magari quando ormai la nostra patologia potrebbe essersi aggravata?
Eppure la legge parla chiaro: il malato ha diritto alle prestazioni mediche entro tempi certi che sono:
30 giorni per le visite mediche specialistiche;
60 giorni per gli esami diagnostici.
Che fare, allora, se la lista d’attesa in ospedale è troppo lunga? Ricorrere allo studio medico privato o alla clinica privata è certo una soluzione, ma a fronte di costi a volte eccessivi per le tasche dei cittadini.
Preso dallo sconforto, il malato si adatta alla fila lunga, è obbligato ad attendere il suo posto in una interminabile lista d’attesa in ospedale.
Insomma ci si rassegna all’idea che il diritto alla salute non viene affatto tutelato da una sanità pubblica che, tuttavia, paghiamo annualmente con le tasse.
In verità, una soluzione c’è, ed anche particolarmente vantaggiosa, ma sono in pochi a conoscerla, anzi quasi nessuno. Né gli ospedali e le strutture pubbliche dell’Asl ne danno comunicazione ai malati.
Il tutto è scritto in un decreto legislativo del 1998 [1] (ne ha parlato ieri su Rai Uno, a «Tempo e Denaro» l’avv. Angelo Greco, direttore di questa testata giornalistica – v. il video a termine articolo).
In pratica la legge stabilisce il diritto del cittadino a conoscere la data entro cui avverrà la visita medica o l’esame diagnostico nonché il tempo massimo di attesa.
Se la prestazione non può essere garantita entro i tempi massimi garantiti per legge (che – come detto – sono di 30 giorni per le visite specialistiche e di 60 giorni per gli esami diagnostici), il malato può pretendere che la medesima prestazione sia fornita dal medico privatamente, in intramoenia, senza costi aggiuntivi rispetto al ticket già pagato.
Il malato dovrà presentare al direttore Generale dell’Azienda Sanitaria di appartenenza una richiesta in carta semplice per «prestazione in regime di attività libero-professionale intramuraria».
In essa dovrà fornire i propri dati e premettere che: gli è stato prescritto un particolare accertamento diagnostico o una visita specialistica (indicando quale);
il Cup ha comunicato l’impossibilità di prenotare la prestazione richiesta prima della data del… (indicare la data che, come detto, deve essere superiore a 30 giorni per le visite specialistiche e 60 per gli accertamenti come Tac, risonanza magnetica, raggi, ecografie, ecc.);
la prestazione ha carattere urgente, incompatibile con i tempi di attesa indicati;
il decreto legislativo n. 124/1998, all’articolo 3 comma 10, prescrive che i Direttori Generali disciplinino i tempi massimi intercorrenti tra la richiesta e l’erogazione delle prestazioni.
Dopo aver premesso ciò bisognerà chiedere:
che la prestazione richiesta (visita medica specialistica o esame diagnostico) venga resa in regime di attività libero-professionale intramuraria (o intramoenia, che dir si voglia), con onere a carico del Servizio Sanitario Nazionale ai sensi del citato decreto legislativo n. 124/1998 articolo 3, comma 13; che venga fornita immediata comunicazione in merito.
Infine, nell’istanza, il malato dovrà comunicare che, in mancanza di prenotazione in regime di attività libero-professionale intramuraria come sopra richiesta, la suddetta prestazione verrà effettuata privatamente, con preavviso di successiva richiesta di rimborso da parte dell’Azienda.
Insomma, quando la prestazione è urgente ed è incompatibile con i tempi di attesa,
il malato si può imporre e chiedere che l’ospedale garantisca la visita specialistica medica in intramoenia senza pagare alcunché oltre al ticket oppure, in assenza, potrà recarsi dal medico privato e poi chiedere il rimborso all’Asl.
È simile il diritto riconosciuto dal Tribunale di Castrovillari in una sentenza di qualche anno fa che si può leggere nell’articolo L’Asl rimborsa le cure in strutture private.
Il cittadino costretto a curarsi presso cliniche private non convenzionate a causa delle interminabili liste di attesa all’ospedale, incompatibili con il proprio stato di salute, può ottenere, dal Servizio Sanitario Nazionale, il rimborso delle spese sostenute a condizione che: tali prestazioni mediche costituiscano – a causa delle specifiche condizioni cliniche o di rischio del paziente – un significativo beneficio in termini di salute;
Nello stesso tempo, non sia possibile effettuare cure dello stesso tipo presso strutture pubbliche o convenzionate oppure non sia possibile farle entro i tempi previsti per legge.
In questo modo viene ristabilito il diritto alla salute del cittadino e la possibilità di vedersi garantito un intervento medico o diagnostico nei tempi stabiliti dalla legge. – Lo riporta la legge per tutti.