M5S: ‘La chiamano legge sul copyright ma è censura: sarà battaglia al Parlamento europeo’

La chiamano legge sul copyright ma si tratta di censura.

Lo denuncia il M5S in un post sul proprio blog ufficiale a firma dell’europarlamentare Isabella Adinolfi, che scrive:

“Non mi sono invece trovata d’accordo con una certa narrativa sul diritto d’autore, che plaude alla proposta di direttiva recentemente votata nella commissione giuridica”.

La rete, ha spiegato, “ha rivoluzionato non soltanto i modelli di business delle aziende, ma anche e soprattutto il modo di creare e fruire l’arte e la cultura. Una ventata d’aria fresca che ha democratizzato un settore che prima era appannaggio di pochi”.

Oggi però queste conquiste sono a rischio in quanto si sta affermando l’oligopolio delle grandi multinazionali digitali, le quali, continua Adinolfi, “assorbono quasi totalmente il traffico utenti e, di conseguenza, gli introiti pubblicitari, aumentando in tal modo i propri profitti”.

“A questo aumento però – prosegue – non corrisponderebbe, a detta soprattutto dell’industria musicale e cinematografica, un corrispondente incremento dei guadagni dalle royalties dei diritti d’autore. La direttiva sul diritto d’autore avrebbe il preciso intento di combattere questa disparità, chiamata anche value gap”.

L’eurodeputata si dice d’accordo con il fatto che “gli artisti e i creatori, come tutti i lavoratori, vengano adeguatamente ricompensati per il proprio lavoro”. E ha infatti presentato un emendamento a questo fine.

Ma contesta “il mezzo attraverso il quale si intende raggiungere questo obiettivo”.

Le grandi tech companies, osserva, “forti della loro posizione monopolistica sul mercato, rifiutano di sedersi al tavolo e negoziare con gli autori”.

La via da perseguire, secondo i 5Stelle, consiste invece nell’applicare della normativa antitrust e la cessazione delle pratiche di elusione fiscale.

“Tuttavia – continua Adinolfi – in Europa vi è molta ipocrisia al riguardo e si preferisce implementare una politica di “gendarmeria”, piuttosto che scardinare i paradisi fiscali. Ma una tale politica rischia di essere una e vera e propria mannaia sulla libertà di Internet”.

La rete, conclude, è nata come “spazio di condivisione libero e aperto”, ma “rischia di essere imbrigliato e controllato da pochi soggetti privati, a cui non può essere demandato il compito di salvaguardare e garantire la libertà di espressione, posto che questi sono mossi solo dalla ricerca del loro profitto. Tutto ciò è inaccettabile e mi batterò con tutte le mie forze affinché ciò non accada”.

 

 

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