Matteo Salvini, la crisi di nervi di Luigi Di Maio: così il leghista incassa e passa al voto
Se la stabilità del governo si dovesse basare solo sul sostegno popolare di cui gode in questo momento, i malumori per il sorpasso della Lega sul M5s sarebbero solo rumori di fondo. Quei borbottii invece sono i primi scricchiolii di un esecutivo ormai sempre più ancorato alle decisioni sul futuro di MatteoSalvini. Se ne stanno rendendo conto i grillini, secondo i retroscena più attendibili. Ai Cinque Stelle sono serviti circa venti giorni per capire che il leghista sia totalmente immarcabile, porta palla solo lui e quindi è lui a dettare l’agenda di governo.
L’esperienza politica di Salvini gli ha insegnato a far leva su campagne “a costo zero”, dalle polemiche sugli sbarchi fino al dossier rom e l’azzeramento delle cartelle Equitalia. A Luigi Di Maio restano le patate bollenti del suo ministero: vertenze sindacali, questione Ilva e via a seguire. La fiducia dei grillini nel leader è ai minimi storici, anche l’agguerrito ufficio comunicazione pentastellato non sa più che pesci pigliare, dopo aver cercato di sviare l’attenzione da Salvini ai casi “riders” e raccomandati nella PA. Niente da fare, i tentativi sono andati quasi a vuoto.
Con un clima così teso è basta una folata di vento perché il malumore si trasformi in vero e proprio nervosismo. I più preoccupati sono quei pochi grillini che, fermatisi a riflettere, sospettano che a Salvini convenga tornare al voto già alla prossima occasione, al massimo per la primavera del 2019. Ad alimentare i sospetti di una pugnalata alle spalle imminente anche i continui incontri tra il leghista e Silvio Berlusconi, segno che l’alleanza con i grillini per il capo del Carroccio non ha altro scopo se non governare, almeno finché ne vale la pena.