La Baviera alle urne “teme” l’onda verde. La Csu in picchiata, ma l’AfD non sfonda
Berlino Una gaffe alla quale è subito seguita una richiesta di scuse. Così è finita la campagna elettorale dei Verdi in Baviera.
Il produttivo Land meridionale tedesco (Pil pro capite ampiamente sopra alla media dei 16 Länder e tasso di disoccupazione al 2,8% nel 2017) vota oggi fino alle 18. Il partito ecologista dovrebbe fare il pieno di voti (il 19% secondo i sondaggi più favorevoli), sottraendo a man bassa gli elettori a un partito socialdemocratico mai stato forte nella regione e oggi più che mai crisi di consensi la Spd è avvistata attorno all’11% dei voti. Peccato che un giorno prima dell’apertura dei seggi, il leader dei Grünen, Robert Habeck, abbia salutato l’imminente perdita della maggioranza assoluta da parte del partito cristiano-sociale (Csu) al potere a Monaco come «il ritorno della democrazia». Come se fosse colpa dei dirigenti della Csu di aver bene amministrato per decenni il libero Stato di Baviera con ottimi risultati in termini crescita e di ritorno elettorale. Resosi conto del proprio scivolone, il verde Habeck ha dunque chiesto scusa: le sue parole non sono tuttavia destinate a salvare la Csu in extremis.
I sondaggisti raccontano da mesi che gli elettori si apprestano a bastonarla e il partito potrebbe perdere fino a 15 punti, precipitando dal 48 al 33%. Molti bavaresi non perdonano alla Csu e specialmente al suo presidente, il ministro dell’Interno Horst Seehofer, di non aver rotto con Angela Merkel fra il 2015 e il 2016, quando la cancelliera spalancò le porte della Germania a oltre un milione di profughi mediorientali. Nell’ultimo anno la Csu ha provato a fare la voce grossa con i rifugiati e a imporre la croce negli uffici pubblici per fermare simbolicamente l’avanzata degli stranieri di fede islamica. Troppo tardi: la maggior parte dei delusi voterà AfD. Secondo le ultime rilevazioni, il partito anti-immigrati otterrà fra il 10 e il 12% dei voti, poco rispetto a quanto raccoglie all’Est ma abbastanza per mandare a gambe all’aria il governo della Csu.
Il prossimo Landtag (il Parlamento regionale) di Monaco si annuncia dunque più frammentato e meno governabile di quello precedente, con i Verdi a fare da ago della bilancia. Se nella confinante Austria una coalizione fra i popolari e l’ultradestra è al potere ormai da un anno e mezzo, in Germania i tempi per un’alleanza fra il centrodestra e AfD non sembrano ancora maturi, neppure nella molto conservatrice Baviera. D’altronde la metamorfosi di AfD da formazione euroscettica a partito populista è molto recente: e se AfD fa bene alle elezioni, nessuno dei suoi dirigenti ha mai espresso ambizioni di governo a livello federale o statale. L’opinione pubblica tedesca, poi, è ampiamente contrariata dal linguaggio utilizzato dai politici di Alternative für Deutschland, percepiti come un gruppo di neonazisti o quantomeno di nostalgici di una Germania di cui vergognarsi.
Lo dimostrano anche i numeri della manifestazione organizzata ieri a Berlino proprio contro la crescita del populismo in Germania e in Europa: 242mila persone hanno sfilato tra Alexanderplatz e la Porta di Brandeburgo fra decine di carri e camion musicali in rappresentanza dei partiti politici tradizionali, dei sindacati, di scuole, teatri, ong e gruppi della galassia lgbt. La marcia è stata salutata dal ministro degli Esteri, il socialdemocratico Heiko Maas, come un segnale importante contro l’estremismo di destra e i nazionalismi, a favore dell’integrazione e della tolleranza. Temi che tuttavia a questo giro non appassionano molti degli elettori bavaresi.
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