Lavora per qualche mese in Olanda e 50 anni dopo gli arriva una lettera: “Ecco la sua pensione”
CAGLIARI. Mai se lo sarebbe aspettato, quegli otto mesi di lavoro da operaio in Olanda non erano che un’esperienza lontana e quasi dimenticata della propria vita. Così quando riceve una lettera da Rotterdam lui, ex rappresentante di commercio cagliaritano, pensa a uno scherzo: “Egregio signor Carlo Coco, le comunichiamo che avendo lei compiuto i 65 anni di età ha diritto a ricevere il trattamento pensionistico relativo al periodo di lavoro prestato nei Paesi Bassi nel 1971“. Poi il conteggio: 48 euro al mese. A seguire, le condizioni per incassarlo.
Superato lo stupore, Coco mostra il documento alla moglie olandese, conosciuta proprio a quei tempi: “Ti sembra possibile che dopo quarantadue anni si siano ricordati di me? Hanno trovato anche il mio indirizzo di Quartu Sant’Elena“. La risposta è glaciale: “Normale, certo”. Normale forse nel nord Europa, dove alle leggi corrispondono atti conseguenti, dove il cittadino paga le tasse e in cambio riceve servizi, dove gli uffici sono uffici e non rifugi di burosauri svenuti. Uffici organizzati e precisi, al punto di rintracciare un ragazzo sardo, oggi settantenne, che quasi mezzo secolo prima aveva cercato fortuna in un paese lontano, per poi cedere al mal di Sardegna. La sua terra, dove la nebbia e il freddo non ci sono e non condizionano la vita, perché a quello pensa la burocrazia. Infatti è qui, nel dialogo a distanza Italia-Sardegna-Olanda, che la vicenda si complica. Il pagamento dell’assegno è legato a un banale adempimento: è necessario che l’istituto di previdenza italiano compili un modulo coi dati del pensionato e che lo spedisca all’indirizzo di Rotterdam indicato nella comunicazione. Una formalità semplicissima, ma non per l’Inps. Passano infatti due anni e Coco non riceve alcuna notizia del suo assegno.
Così, più che altro per curiosità, riprende in mano la lettera olandese e si accorge che c’è un numero di telefono, un servizio da interpellare per ottenere informazioni: “Vuoi vedere che la pratica si è arenata? In fondo tutto il mondo è paese“. Coco ci pensa, è diviso tra la speranza di rivalutare gli uffici italiani e l’idea di incassare comunque quel piccolo assegno. Alla fine chiama l’Olanda e rappresenta il problema. L’operatore gli passa all’istante un interprete che lo ascolta, consulta il terminale e in pochi minuti gli fornisce la risposta: “Signor Coco, non abbiamo ricevuto il modulo del suo istituto di previdenza, per questo non abbiamo potuto ancora spedirle quanto le spetta“.
C’era da aspettarselo: l’ufficio olandese s’impegna a rintracciarlo dopo quarantadue anni per versargli una pensione insperata, quello italiano non è in grado di spedire un modulo. Un semplice modulo, rimasto impigliato nella ragnatela dei nostri uffici.
Ma Coco non si arrende, tiene a freno l’ira e facendo voto di pazienza si reca all’Inps: “Ha ragione – gli notifica un imbarazzato ma gentilissimo funzionario – il documento è ancora qui, l’ho trovato, ci siamo dimenticati di trasmetterlo. Ci scusi, rimediamo subito“. Detto e fatto, stavolta lo mandano davvero e dopo qualche giorno da Rotterdam arriva un plico. C’è un assegno circolare da 48 euro più un altro con gli arretrati dei ventiquattro mesi perduti per colpa dell’Inps, con inspiegabili scuse per il ritardo: sette giorni. Una bella sorpresa ma anche uno schiaffo morale affibbiato alla burocrazia italiana.
La storia però non finisce qui, perché mesi dopo la previdenza olandese si fa viva per la seconda volta, una nuova articolatissima lettera: “Egregio signor Coco, in base al provvedimento emanato dal nostro governo lei ha diritto a una rivalutazione del suo trattamento previdenziale pari al trenta per cento“. In allegato un assegno con la cifra maturata a partire dall’entrata in vigore della nuova norma e gli arretrati più le immancabili scuse per il ritardo.
Coco scuote la testa, sorride, sventola la missiva davanti agli occhi disincantati della moglie e decide che forse una storia così è degna di essere raccontata: “Certo 62 euro al mese non mi cambiano la vita – avverte, parlando con il cronista – però insomma, se penso a quello che passiamo noi in Italia quando abbiamo
a che fare con questi problemi…“. Poi un dubbio, che racchiude un mondo e rappresenta la sintesi perfetta del rapporto cittadino-Stato in Italia: “Senta, ma non sarà che dopo il suo articolo, Equitalia mi tassa pure questi quattro soldi?“. Speriamo di no signor Coco, speriamo proprio di no.